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Eldin

ELDIN
Sono Eldin e vengo dalla Bosnia-Erzegovina. Ho perso mio padre quando avevo sette anni durante la guerra, lui è stato il mio miglior amico perché ha sempre saputo motivarmi in tante belle cose. Ho sempre voluto diventare come lui e, quando ho capito che lui non c’era più, ho iniziato a sbandare. Il più grande errore è stato quello di non cercare l’aiuto di mia madre e così, per paura di sbagliare, sono iniziate le prime falsità. Di lì non ho saputo più fermarmi ed ammettere i miei errori. Questo fino all’età di quattordici anni, quando ho sperimentato cosa vuol dire essere profondamente triste. Seppur molto giovane, avevo già perso la mia dignità e la voglia di crescere. Così un giorno la mia famiglia mi ha parlato della Comunità Cenacolo. Venendo qui una delle prime difficoltà è stata la preghiera perché provengo da una famiglia musulmana. Una delle prime cose che ho detto al mio “angelo custode”, il ragazzo che stava con me, è stata: «Io in cappella non ci entrerò mai!». Mi alzavo al mattino e, con il ragazzo che stava con me, andavo subito a lavorare. Per non sembrare debole ho resistito per una settimana, ma poi gli ho detto che mi sarebbe piaciuto imparare qualche preghiera. Entrando in cappella ho visto una quarantina di ragazzi che pregavano, ma io non volevo pregare. Posso dirvi che ho incontrato Dio attraverso i fratelli che mi stavano vicino e che mi hanno mostrato la loro volontà di cambiare, diventando buoni ed onesti. Vi racconto un episodio: ero entrato da quindici giorni in Comunità, lavoravo con il mio “angelo custode” in orto e avevo le scarpe sporche di fango. Lui per la prima volta mi ha mandato da solo in magazzino a prendere un attrezzo e io, mentre andavo, ho pulito le mie scarpe sul marciapiede senza che nessuno mi vedesse. Alla fine della giornata, tornando dal lavoro, lui mi ha detto: «Guarda, qualcuno ha sporcato il marciapiede!», ed io gli ho risposto: «Non posso credere che non abbia pulito dietro di sé!». Sono stato falso e subito me ne sono accorto, e con lui, mentre pulivamo il marciapiede, penso che per la prima volta dopo tanto tempo, piangendo, ho detto la verità e ho ammesso il mio sbaglio chiedendo scusa. In quei momenti pensavo a mia madre e alla mia famiglia, a tutte le volte che ero stato falso con loro. Quel fratello mi ha abbracciato e io mi sono sentito come con mio padre. Questo è stato il momento in cui ho iniziato a fidarmi e a credere nei fratelli, nella Comunità: sono stato sincero e mi sono sentito ­perdonato, voluto bene ancora di più. Nel mio cammino ho avuto tanti momenti così in cui ho sperimentato la misericordia, il perdono e l’amore degli altri. Sono grato alla Comunità perché dopo ogni caduta ho ricevuto la possibilità di rimediare e di ripartire per andare avanti nel mio cammino.
Tutte le difficoltà superate e ­affrontate all’inizio oggi sono un tesoro per me e per tutti i fratelli che vivono con me. Posso ­trasmettere quello che ho ­sperimentato, affrontato, superato. Adesso vivo nella casa di Medjugorje, il “Campo della Vita”, dove si sente forte la presenza della Madonna che ci sostiene e ci consola nelle gioie e nelle ­difficoltà. In questi anni ho avuto il dono di partecipare a tanti musical, e ho scoperto che sono capace di ballare e di recitare, anche se ero e sono ancora un ragazzo timido. Mi sono reso conto di come è bello essere luce e speranza per tanta gente che incontriamo. Sono diventato entusiasta nell’affrontare tutto quello che la vita mi mette davanti. È nato in me il desiderio di poter un giorno formare una famiglia: voglio essere un uomo buono e fedele oggi, per essere un buon padre per i miei figli domani. Sto scrivendo questa testimonianza nel giorno del mio compleanno. Sono profondamente grato ai miei genitori che mi hanno dato la vita, a Madre Elvira e a tutti i fratelli che sono stati per me come nuovi genitori e amici: loro mi hanno dato la vita dello spirito, il respiro del cuore. Attraverso la loro amicizia, il loro bene e la loro pazienza, anche un “bosniaco” con la “testa dura” come me ha potuto riscoprire la bellezza di vivere e di sorridere.

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