PADRE PINO – OMELIA – giovedì 15 Luglio 2010 Voglio proporvi di offrire, mentre celebriamo quest’Eucaristia, un po’ il piccolo fastidio del caldo come una preghiera perché questi quattro giorni siano una vera Pentecoste. C’è la preghiera del cuore e c’è la preghiera dei gesti, come il digiuno, come l’offrire piccole cose che ci costano: quando le offriamo pesano di meno. Se cominciamo a dire “… fa caldo”, poi tutti dicono “… fa molto caldo”, la temperatura aumenta di cinque gradi! Quando invece incominciamo ad offrire queste piccole cose, viene anche un po’ di fresco intorno a noi. Oggi abbiamo un Vangelo stupendo, ma ogni volta che Gesù apre bocca dice sempre dei tesori: ogni parola del Vangelo, ogni gesto di Gesù, è qualcosa che guarisce e che libera. Anche questo Vangelo brevissimo è stupendo; io ho pensato di riassumere il commento in cinque parole come le dita della mano: “venite”, ”voi che siete stanchi” (la stanchezza), il “ristoro”, il “giogo”, il “cuore umile”.
“Venite a me”: è straordinaria questa Parola di Gesù ed è una parola che tutti noi stiamo accogliendo in questi giorni. Non siamo venuti qui solo per far festa tra di noi, c’è un centro di questa Festa: è Gesù che in questi ventisette anni, attraverso la Comunità, attraverso Madre Elvira, attraverso tutti voi, ha operato guarigioni, ha ristorato tante stanchezze. Non dimentichiamo che il centro della festa è sempre Lui: dove c’è Gesù, c’è la festa, dove manca Gesù possiamo anche fare le cose più straordinarie, ma manca sempre la festa dell’uomo. “Venite”: è un invito della compassione di Gesù. Perché Gesù insiste tanto sul “venire a Lui”? Perché noi rischiamo nella vita di correre da tante parti, molte volte ci disperdiamo, a volte anche ci perdiamo e non ricordiamo che abbiamo bisogno di una roccia sicura che dia stabilità alla nostra vita, che dia equilibrio. È Gesù questa roccia, è la Sua Parola questa roccia, è l’Eucaristia questa roccia. Come si fa a venire a Gesù? Possiamo chiedercelo molto concretamente: per venire a Gesù non c’è bisogno di andare lontano e non c’è bisogno di correre. Per venire a Gesù, può sembrare paradossale, bisogna fermarsi, bisogna inginocchiarsi. È questo il modo di venire a Gesù: a Gesù non si viene nell’orgoglio, si viene in ginocchio, nell’umiltà e quando ci inginocchiamo allora ci accorgiamo che prima di tutto è Lui a venire a noi perché Gesù viene a noi sempre. La preghiera: tutti noi in qualche modo preghiamo, ma com’è facile, anche quando veniamo a Gesù nella preghiera, nell’Eucaristia, ancora fuggire. Guardate, ogni anno, durante i quaranta giorni di deserto, mi colpisce proprio questo fatto; in quelle lunghe ore di adorazione mi dico “Come sto poco con Gesù!”. È semplice pregare, eppure la nostra testa è capace di fuggire continuamente da Gesù; non viene a Lui, si mette a riflettere, si mette a organizzare, a volte fugge nelle fantasie più strane. Gesù continua a ripeterci con molta pazienza: “venite a me”, perché è venendo a Gesù che troviamo ristoro. Vorrei che in questi giorni tutti chiedessimo il dono di una preghiera semplice e seria: è il dono più grande che possiamo ricevere nella nostra vita, il dono di stare veramente con Gesù. Chi tra di voi non avesse ancora l’abitudine alla preghiera, chieda in questi giorni il dono di sapersi fermare almeno quella mezz’ora, quel quarto d’ora sentendo che Gesù lo chiama: “vieni a me”.
Seconda parola: stanchezza. Gesù chiama proprio tutti, sapete: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”, in questo “tutti” c’è ognuno di noi. Vorrei farmi con voi questa domanda, con grande sincerità: cos’è che ci stanca di più nella vita? Possiamo dire che sono molte le cose che ci stancano: il lavoro, le preoccupazioni, a volte il non avere il lavoro, certe sofferenze che solo Dio conosce … ed è tutto vero. Ma vorrei andare un po’ più in profondità e credo che anche voi concordiate con me. Due cose in particolare ci stancano, giovani o adulti, e ci stancano più del lavoro, più delle preoccupazioni, più della sofferenza: ciò che ci stanca veramente è il compromesso col male, questo stanca. L’egoismo stanca, il peccato stanca. Quando in noi ci sono delle ambiguità, quando in noi ci sono delle maschere, delle falsità, quando in noi c’è molto orgoglio: questo, proprio perché è menzogna, stanca il cuore. Non è mica il molto lavoro che stanca, non sono mica le preoccupazioni che stancano … certo in parte, ma ciò che stanca è il male, il compromesso con il male. E infatti i santi non sembrano mai essere stanchi, perché? Perché il bene non stanca, il bene dà ali alla nostra vita. Vedete, i santi non sono persone diverse da noi, non sono degli eroi, ma sono delle persone che hanno scelto il bene con radicalità aggrappandosi a Dio; le forze si moltiplicano perché il bene non stanca mai. C’è un’altra cosa che secondo me stanca la vita dei giovani: il mai prendere decisioni, vedere il bene ma non decidere di farlo, vedere una scelta ma stare sempre al di qua della scelta. Questo è logorante, questa è una di quelle cose che stanca e opprime. Chiediamo di venire a Gesù. Gesù ci aspetta tutti con il suo perdono, con la sua chiarezza, e chissà che qualcuno di voi dopo questi quattro giorni non vada a casa ristorato perché ha ricevuto un perdono come non aveva mai sperimentato nella sua vita, si sente pulito, va a casa leggero, con il cuore limpido: allora, veramente è valsa la pena questa Festa! O magari c’è un giovane o una ragazza tra di voi che da tanto tempo sta pensando a che cosa fare della sua vita e oggi o domani o domenica è raggiunto nel cuore da una luce di Gesù, non da un entusiasmo passeggero ma da una grazia: “Avanti, non temere, è questa la tua strada”. Ecco se quel giovane, se quella ragazza dice di sì, è valsa la pena venire a questa Festa. Guardate che tutti gli anni a questa Festa succedono dei miracoli che solo Dio conosce, ne succederanno anche quest’anno, perché i miracoli, lo dico sempre ai giovani, sono il “mestiere” di Dio. A noi sembra difficile, in realtà per Dio i miracoli sono il lavoro ordinario.
Terza parola: “ristoro”. Gesù promette due volte ristoro per la vita a chi viene a Lui; Gesù è fedele, quando promette qualcosa, non inganna mai. State tranquilli che Gesù non illude e non inganna. Voi potete prendere qualunque Parola del suo Vangelo e riposare su quella Parola. Gesù è affidabile. Che cos’è questo ristoro che Gesù promette? Sarà qualcosa di vago che non si può sperimentare? No, è qualcosa che tutti voi, tutti noi abbiamo già sperimentato quando veniamo veramente a Gesù. Questo ristoro è il Suo perdono, è il Suo Amore, è il sentirci amati: questo ci riposa il cuore, questo elimina le stanchezze. Noi non abbiamo solo bisogno di dormire e di mangiare per riposarci; anche il riposo della notte, il poter mangiare, avere una mensa, sicuramente ci nutre e ci ristora, ma non basta perché il cuore umano ha bisogno d’altro, ha bisogno di un senso, ha bisogno di comunione, ha bisogno di amore: questo nutre, questo ristora. Infatti quando noi ci sentiamo profondamente amati, il nostro cuore riposa, anche quando ci sono delle sofferenze, anche quando si piange, ma la consolazione dell’Amore di Dio non ha prezzo. In Gesù troviamo ristoro perché Gesù è la Vita e sempre quando veniamo a Lui troviamo vita.
Quarta parola: il “giogo”. Gesù ci dice con grande chiarezza “Prendete sopra di voi il mio giogo” che chiama però “soave e leggero”. Che cosa sarà il giogo di Gesù? Non è nient’altro che seguire Lui sulla strada dell’Amore. È un giogo perché amare è impegnativo e bisogna sceglierlo, non è una cosa spontanea, spontaneamente noi siamo anche abbastanza egoisti. L’amore va scelto, ma l’amore è talmente scritto nelle nostre fibre che quando amiamo la nostra vita mette le ali. Ecco perché è un giogo leggero ed io oso dire con grande chiarezza, e credo che un po’ tutti l’abbiamo sperimentato: il peccato è un giogo pesante che ci schiaccia, l’amore è un giogo leggero che ci fa volare. Chi è stato di più nelle tenebre, sa benissimo che il male ad un certo momento ti stronca, è una prigione, ti soffoca, magari non vuoi ammetterlo, ma il male schiaccia perché noi siamo fatti per il bene.Quando prendiamo su di noi il giogo di Gesù, cioè l’amore, quella è vita, quella è la risurrezione, quella è libertà, perché ad amare non ci si stanca mai. Santa Teresa d’Avila un giorno ha detto una frase che ogni tanto mi viene alla memoria ed è sempre stupenda, molto realista; parlando dell’Amore di Dio, del Suo perdono diceva: “Ci stanchiamo prima noi a peccare che Dio a perdonare”. E’ vero perché il peccato stanca, Dio non si stanca mai di perdonare, perdona con gioia. Chiediamo di stancarci in fretta di peccare, anche dei piccoli egoismi, per poterci buttare nelle braccia di Dio e trovare ristoro. Quando troviamo ristoro per noi, non fermiamoci lì: il Signore ci chiama a diventare, insieme a Lui, ristoro per gli altri. Ognuno di noi è chiamato a diventare Amore, ad allargare il cuore, a restituire quello che Dio dà a noi, lì si trova la gioia.
Quinta parola : l’umiltà. Gesù dice con grande semplicità : “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. L’umiltà è veramente il clima di Dio, è veramente il clima del Cuore di Gesù. Dio è umile, Dio è tanto umile che continuamente è Lui il protagonista della vita e noi non lo vediamo. Dio, attraverso il Suo Figlio , attraverso lo Spirito, è qui presente in mezzo a noi con la Sua Parola, tra poco si comunica nel pane e nel vino, ci ristora: tutto in grande umiltà. Che cosa c’è di più umile di un pezzo di pane, di un sorso di vino e di una parola? Dio è così: che abisso rispetto al nostro orgoglio! Ma Gesù ci dice: “Venite a me per imparare l’umiltà”, anche oggi. Nell’umiltà Dio opera cose grandi a cominciare da Maria Santissima “Grandi cose ha compiuto in me l’ Onnipotente, perché ha guardato in me la pochezza”. Vorrei dirvi una cosa che già sapete meglio di me: guardate, in questi ventisette anni nella Comunità Cenacolo, qui e in tutte le Fraternità sparse per il mondo, sono passati moltissimi ragazzi e ragazze. Tutti questi ragazzi e ragazze che hanno ritrovato vita, che hanno trovato risurrezione, se ci chiediamo: “come hanno fatto a resistere in certi momenti, quando erano tentati, quando era duro?”. Io rispondo: per dei gesti di umiltà. È l’umiltà che li ha tenuti in Comunità. Chi ha saputo mettere l’orgoglio sotto i piedi, ha trovato salvezza; chi è stato orgoglioso se ne è andato e ha ritrovato le tenebre. Se nella vita vogliamo rimanere costanti in tutto, nella preghiera, nel bene, pur nella nostra fragilità, perché la fragilità ci accompagnerà fino all’ultimo respiro, noi abbiamo un’arma: l’umiltà, il venire a Gesù, il sentire il bisogno di Gesù, il gridare a Gesù. Guai a noi se ci sentiamo autosufficienti, guai a noi se ci sentiamo forti, saremmo vicini al crollo. Finchè avremo una punta di umiltà noi possiamo avere speranza, perché Gesù ci prende e ci fa stare in piedi. Finisco augurandovi proprio che l’umiltà sia la vostra gioia, perché quando c’è l’umiltà, c’è la gioia. L’umiltà e la gioia sono due sorelle gemelle, si assomigliano, sono sempre insieme; non cercate la gioia tra la gente orgogliosa, cercate la gioia tra gli umili. In questi giorni se ci saranno umiltà e gioia, lo Spirito Santo opererà cose grandi nei vostri cuori e in mezzo a voi; io vi auguro, e lo chiedo nell’Eucaristia di oggi, che l’umiltà e la gioia siano i due fiori che vi accompagnano in questi quattro giorni. Lode e gloria al Signore!
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