Fraternità “Pastorelli di Fatima” - Saluzzo (CN) 2001 Nei pressi della “Casa di Formazione”, una casa diroccata spuntava tra i boschi soprastanti, e ogni qualvolta durante i rosari camminati l’occhio la vedeva, il cuore sperava che un giorno fosse stata “nostra”... e la Provvidenza non ha mancato l’appuntamento neanche questa volta.
Da alcuni anni era stata aperta la “Casa di Formazione” di via Pagno, e dopo i primi mesi in cui c’eravamo soltanto noi ragazzi, impegnati nei primissimi lavori di restauro, la parte più antica della casa era stata resa abitabile e quindi “donata” alle sorelle, e noi ragazzi ci eravamo spostati nella parte della vecchia cascina. Vivendo e lavorando sulle belle colline attorno alla casa, spesso notavamo un vecchio casolare ormai abbandonato da un po’ di tempo, proprio di fronte al nostro forno, e a tanti di noi era nato il desiderio che anche quelle mura potessero accogliere i giovani che bussavano alle porte della Comunità. Un giorno Madre Elvira ci invitò a pregare assieme a lei le “mille Ave Maria”, camminando per i sentieri attorno alla nostra proprietà e durante la preghiera salimmo proprio su alla casa abbandonata. Là ci disse che in quei giorni la proprietà era stata messa in vendita e che quindi occorreva pregare la Divina Provvidenza perché ci desse la possibilità di acquistarla. Questa notizia e la fiducia di Madre Elvira nelle nostre preghiere ci fecero prendere a cuore la situazione e ci impegnammo seriamente nella preghiera, fino a quando non ci giunse la notizia che veramente la Divina Provvidenza era arrivata: potevamo acquistare la casa. Eravamo ai primi di maggio, mancava soltanto una settimana alla festa della Madonna di Fatima e Madre Elvira ci disse, quasi come se fosse la cosa più scontata e naturale del mondo, che per la festa si sarebbe dovuta inaugurare la nuova fraternità! Ci “tuffammo” quindi nei lavori giorno e notte, dentro e fuori la casa, per preparare e rendere abitabili alcune stanze. Quelle poche ed intense giornate furono piene di amicizia e di “scontri”, di coraggio e di entusiasmo per questa nuova “avventura” comunitaria, felici che la Madonna avesse scelto proprio noi. “Carichi” della forza dello Spirito Santo, riuscivamo a superare tutte le notti insonni e le divergenze che ogni tanto si creavano tra di noi: tutto era per noi motivo di crescita, nella pazienza, nell’unità e nel perdono. E così, in un batter d’occhio arrivò il 13 maggio che quell’anno 2001 era di Domenica. Per la santa Messa di inaugurazione e per la benedizione della fraternità venne il nostro grande e fedele amico e “padre” don Aldo Stoppa. Nell’aria si respirava una gioia particolare e proprio quella mattina Madre Elvira ci comunicò che aveva pensato di dare alla fraternità il nome di “Pastorelli di Fatima”, in omaggio a quei tre piccoli bambini che avevano avuto il coraggio di rispondere con generosità alla chiamata di Maria. Per noi fu una gioia grande avere come protettori ed intercessori i pastorelli, che la Madonna aveva scelto a Fatima come testimoni della sua materna presenza nella storia accanto agli uomini. Così, nel linguaggio comunitario, siamo diventati per tutti “i Pastorelli”. I primi mesi furono veramente un’avventura: la prima sorpresa fu che l’acqua arrivava e non arrivava, soprattutto durante l’inverno di quell’anno, perché a causa dei tubi piazzati un po’ di fretta e quindi non bene isolati, spesso tutto si ghiacciava e dal rubinetto… non usciva più nulla. Non appena terminammo di preparare le stanze per dormire, la cucina ed il refettorio, fu la volta della Cappellina, per poter accogliere il dono del Santissimo Sacramento. Infatti all’inizio per l’Adorazione scendevamo dalla collina e andavamo nella cappellina della casa in basso, che con la nostra dipartita era diventata praticamente la “Casa di Formazione” dei primi fratelli che avevano scelto di consacrarsi in Comunità. La preparazione della Cappella era seguita spesso da Madre Elvira, che non di rado ci faceva rifare i lavori quando notava da parte nostra poca profondità, attenzione ed amore per un luogo così importante per la nostra vita e per quella di tutti i giovani che la casa avrebbe ospitato negli anni. Poi con il tempo la casa si è stabilizzata e il gruppo si è sempre più unito e compattato, fino a quando due anni fa si è reso necessario incominciare un’opera di restauro di tutta la struttura, perché le opere di “tamponamento” non erano più sufficienti. Erano ormai decenni infatti che nessun lavoro strutturale era più stato fatto e, per esempio, tutte le volte che pioveva… c’erano le bacinelle nelle stanze del secondo piano. Così dopo tre anni abbiamo vissuto un altro esodo e siamo ritornati nelle stanze della casa giù in basso, e le mura della fraternità dei Pastorelli sono crollate sotto i nostri colpi di mazza: si è aperto il “cantiere” nel quale ci siamo impegnati a creare un ambiente accogliente e funzionale, nello stile comunitario, non soltanto più per noi ragazzi, ma pensando anche alla possibilità di ospitare qualcuno per qualche giorno di ritiro, visto che sul fondo della casa è stato ricavato un piccolo ma bell’appartamentino. In questi ultimi due anni non abbiamo più avuto la “nostra” casa ed abbiamo vissuto in alcune piccole stanze un pò adattate a questo, accanto ai fratelli consacrati. A prima vista questo potrebbe sembrare una situazione molto “povera” e sacrificata, ma vivendo la quotidianità della vita comunitaria si scopre che le rinunce diventano ricchezze, doni particolari. Per esempio a casa nostra il lavoro non manca mai e dà al gruppo un ritmo sostenuto e gratificante: boschi, vigna, orto, diversi cantieri in cui c’è da demolire, costruire, mettere tubi... Un altro dono speciale che abbiamo vissuto in questi anni di “esilio” è stato quello di poter trascorrere un po’ del nostro cammino con i fratelli consacrati e sacerdoti, di cui siamo diventati i fortunati “fratellini”. Pur essendo due fraternità diverse con programmi e scelte di vita differenti, c’è un’unità: lavorare, mangiare, giocare, scherzare, pregare e a volte anche “scontrarsi” tra di noi porta ad un rapporto più libero e intimo, ad un’amicizia sincera che aiuta, illumina e sostiene il cammino gli uni degli altri. Loro sono per noi un po’ come dei fratelli maggiori, arrivati prima di noi in Comunità e pronti a “trasmetterci” quello che di bello hanno sperimentato e scelto di questa vita. E noi siamo per loro la gioia di vivere sempre tra i giovani in cammino, di calarsi quotidianamente nella “battaglia” comunitaria fatta di lotte e di vittorie, di fatiche e di gioie profonde che nascono dal vedere che la vita trionfa sulla morte. Ma l’avventura con le “valigie in mano” non è finita qui, perché sembra che fra poco ci sposteremo nuovamente per andare ad “aprire” una nuova casa, sempre dono della Provvidenza, 500 metri più in alto. Veramente in Comunità non puoi mai sapere cosa succederà domani, e così impari a vivere intensamente l’oggi in tutta la ricchezza che ti dona. Ringraziamo il Signore perché ci insegna a vivere lo scomodo e il sacrificio come un dono per costruirci nell’essenziale della vita, per imparare ad affrontare le difficoltà senza più scappare, e perché nella provvisorietà scopriamo la bellezza di una vita semplice, pronta a ripartire con fiducia ogni volta che le necessità lo richiedono.
(dalla rivista Risurrezione - Dicembre 2006)
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