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Storia

Ho avuto il privilegio di essere stata costruita su un'altura, a differenza di altre case della zona, con una veduta panoramica spettacolare: le finestre si aprono sulla vasta pianura piemontese e alle spalle il Monviso si erge maestoso.
Dopo alcune estati ricche di vitalità con la presenza delle "orfanelle" che trascorrevano qui le loro vacanze, conobbi nuovamente la chiusura alla vita per circa cinque anni. Furono i miei anni più tristi nei quali mi lasciai andare.
Finché, un giorno,  vidi all'orizzonte tre sagome che, con il loro dito, indicavano proprio me con la fierezza di chi, dopo tanto attendere, aveva finalmente trovato il luogo tanto sospirato. Si presentarono alla mia entrata due suore, Elvira ed Aurelia e un'insegnante, Nives, che mi colpirono subito per la loro intraprendenza: non si spaventarono degli arbusti e delle erbacce prosperose che mi soffocavano, ma si tirarono su di buona lena le maniche per ridare vita a ciò che il tempo stava seppellendo nei meandri dell'oblio. Con loro giunsero anche i primi due ragazzi. Di certo il lavoro non mancava: tante erano le riparazioni da effettuare, gli adattamenti da realizzare: non sapevano da quale parte iniziare, o meglio, con che mezzi iniziare. Cominciarono a ripulirmi, imbiancarmi, a sistemare giorno dopo giorno tutto ciò che ormai era mezzo rotto: finestre, porte, muri, tetti... Le persiane furono le prime panche e i primi tavoli: meno male che il tempo ne aveva risparmiata qualcuna! Si ultimarono le prime stanze dove nacquero la cucina e i primi dormitori. Sentivo rinascere la vita, e soprattutto cominciai a sentire risuonare, a varie ore del giorno, numerose Ave Maria che intercalavano il lavoro, il sudore e la fatica di quei giorni. Conobbi, fin dall'inizio, la realtà della Provvidenza: persone note e meno note, spesso anonime varcavano la soglia per sostenere e rafforzare ciò che stava iniziando in quei giorni. L'effige della Madonna sulla porta d'entrata verso il parco, pareva aver ripreso a sorridere, quasi che la sua attesa di anni fosse stata realizzata. Attirati da Lei, giorno dopo giorno, il numero di chi bussava continuava a crescere. Vedevo arrivare giovani a brandelli, con la faccia triste, persone deluse, alla ricerca del calore di un cuore amico da tanto tempo desiderato.
L'inizio, certo, non fu facile: si accoglieva chiunque chiedesse un aiuto, e il mettere insieme persone con problemi di diverso tipo, creava spesso dei disagi. Attraverso queste difficoltà e tanta sofferenza, vedevo le suore maturare sempre più la capacità di aiutare nel modo giusto coloro che chiedevano l'ospitalità. La sensazione che ebbi fin dal primo istante fu che, dietro la fragilità e l'inesperienza delle tre, vi era la mano di Qualcuno più in alto, che sosteneva, rafforzava, guidava l'opera ormai nata, di cui io ero la prima beneficiaria. Mi rispecchiavo come casa ormai "a pezzi", destinata a crollare, in tutte quelle persone deluse che bussavano alla mia porta. Man mano che vedevo tornare il sorriso sui loro volti, sono rinata anch'io, riassaporando la bellezza di un tempo, spesso commuovendomi per tutto quello che vedevo crescere in me e attorno a me. Non avrei mai creduto in una rinascita così rapida: muri che crescevano, scavi per biologiche e fognature, il forno che riprendeva a funzionare, il pozzo che tornava a zampillare, le erbacce che di giorno in giorno sparivano, i primi frutti dell'orto...
Quanta vita è rinata in questi anni, quanti giovani sono passati e quanti ne vedrò ancora!
L’ interscambio di gioie e di sofferenze, il reciproco bisogno l’uno dell’altro ed il saperci legati tutti assieme in Cristo, ci fa essere e ci fa sentire veramente Chiesa, nel senso più profondo di questa Parola. Con questo spirito venne costruita la Cappella, “cuore pulsante” della mia struttura. Un paio di stanze di un’ala della casa vennero così ripulite, stuccate, tinteggiate e soprattutto adornate per contenere l’essenza della vita: quel Cristo che tanto ha fatto e tanto farà per i giovani che lo incontrano piegando le ginocchia.
Se all’inizio si accoglievano tutti, in seguito la Comunità accolse sempre più giovani, che annullavano la loro esistenza iniettandosi nelle vene ciò che credevano fosse la giusta soluzione ai loro problemi o alla ricerca di una vita più vera.
Quante storie, quanti fallimenti ho sentito raccontare dai miei ospiti per tentare di uscire dal maledetto “tunnel”! La Comunità non è un’utopia, ma una splendida realtà che giorno dopo giorno cresce e migliora, non solo per i ragazzi ma per tutti coloro che la frequentano.
Tutto quello che vi ho raccontato, sperando di non avervi annoiato, è dovuto sicuramente all’amore di Dio. Ricordiamoci, ogni tanto, di ringraziarLo, perché sicuramente qualcosa, piccola o grande che sia, ha donato a ciascuno di noi.

                                                                                     (dalla rivista Risurrezione - anno 1997)

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