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Padre Pino Isoardi - Omelia

Omelia di Padre Pino Isoardi, del Movimento Contemplativo Missionario
"P. de Foucauld" di Cuneo -
Santa Messa del pomeriggio
Sono sacerdote da 25 anni e per me è sempre una vera gioia celebrare l’Eucarestia. Quando sono stato ordinato sacerdote ho chiesto due grazie. Ve ne dirò solo una: ”Signore fa’ in modo che anche se arrivassi a cento anni di Messa io non mi abitui mai all’Eucarestia”. Questa è la mia paura, ma devo dire che il Signore in questi anni non mi ha mai deluso. Inizio sempre ogni Eucarestia, anche la più semplice quando a volte sono in una fraternità di missione con tre persone, con profonda gioia e con un po’ di tremore, rendendomi conto un poco del mistero che si celebra. Noi siamo qui per la festa, tantissimi giovani e tante famiglie, e veramente vi auguro che ogni istante di questi giorni sia per voi un momento di gioia. Non dimentichiamo un solo istante però che la nostra gioia è Gesù. La gioia non è una cosa, è una Persona, è un Volto, e tra di noi chi è più aperto e ama di più Gesù è colui che ha più gioia, ed è anche il più umile perché chi ama veramente Gesù diventa umile come Gesù. Sono contento di essere qui perché le nostre due Comunità non sono solo sorelle ma “gemelle”, e siccome io sono gemello con una sorella sposata e mamma di famiglia con dei figli ormai sposati, celebrare l’Eucarestia in una comunità gemella mi dà molta gioia. Mi dispiace che non ci sia padre Gasparino. Lui però vi porta in cuore. Ha avuto un piccolo intervento al cuore otto giorni fa e si sta già riprendendo, ma ha bisogno di molto riposo. Vi ha mandato un messaggio che tra poco vi leggerò. Non vi commenterò, come si dovrebbe, le due letture ma partirò in modo un po’ strano, permettetemelo, poi cercherò di ricavare un messaggio da ognuna delle due letture. Otto giorni fa ero in ospedale vicino al padre e ad un certo punto mi hanno fatto uscire dalla camera perché dovevano fare le pulizie. Ho fatto un giro per il corridoio dove c’erano dei poster stupendi raffiguranti fotografie di montagna. Ad un certo punto sono stato attirato  da uno questi poster scritto molto fitto sul quale c’erano scritte le parole che ora vi dirò. Il titolo era: “Statuto per i nati stanchi”. E’ chiaro che è scritto in senso ironico ma alla fine non sono riuscito a sorridere perché mi sono detto: "Va ancora a finire che qualcuno crede a questa mentalità, scusate la parola, idiota".Vi leggo ora alcune regole di questo Statuto che è il contrario della vostra festa: “Si nasce stanchi, si vive per riposare”, “Ama il riposo come te stesso”, “Il lavoro è fatica, evitalo”, "Non fare oggi quello che puoi fare domani", “Se vedi uno che riposa, aiutalo”, “Di troppo riposo non è mai morto nessuno” e l’ultima diceva "Se ti viene voglia di lavorare, fermati e aspetta che ti passi". Sul momento fa ridere e spero sia stato messo lì per avere l’effetto contrario, ma mi sono detto che se queste regole fossero prese sul serio bisognerebbe intitolare il poster: "Statuto per morire di noia  e non senso". Quello è il modo di morire in piedi. La Comunità vi insegna il contrario di questo statuto: "si vive per amare". Il senso della vita è l’Amore, e quando amiamo veramente quello è un riposo. Il cuore riposa nell’Amore. Non ci si riposa stando a letto ventiquattro ore, quello è morire di noia, prendere a calci la vita. Mi è piaciuto molto un libro pubblicato alcuni anni fa dall’Abbè Pierre, un profeta dell’Amore, che quando ha compiuto ottanta anni ha scritto “Testamento”. In un capitolo dice che vuole dare una sua definizione della vita. "La vita è un po’ di tempo che Dio ci regala perché impariamo ad amare". In  realtà stiamo facendo questo tutti noi. Anche questa festa è un momento di gioia, dello stare insieme, del pregare insieme, del deporre i nostri peccati per imparare ad amare. Questo è il compito più grande della vita. Se non impariamo ad amare abbiamo fallito. La nostra vocazione è in primo luogo l’Amore.
Un’altra parola per dire Amore è Santità. Siamo chiamati a diventare santi, e siccome Dio lo desidera più di noi, possiamo avere fiducia anche se siamo fragili. Osea, un profeta vissuto 750 anni prima di Gesù, è il primo profeta che parla del rapporto con Dio in termini di tenerezza e amore. Poi, a partire da lui, si apre una corrente della rivelazione biblica su questo registro. Dio attraverso di lui ricorda al popolo il tempo della sua nascita e della sua giovinezza, circa 500 anni prima, quando Israele era giovinetto: "Io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio". Nella lettura vengono usati toni di tenerezza: "Gli insegnavo a camminare, lo sollevavo alla mia guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare". L’ha curato veramente come la pupilla dei suoi occhi. Poi la liturgia di oggi taglia alcuni pezzi dell’infedeltà di Israele. Segue poi un lamento di Dio: "Ma essi non compresero che avevo cura di loro". Questo è il grande rischio della vita. Noi siamo immersi nell’Amore di Dio tutto il giorno ma possiamo essere distratti. La più grande tragedia è trovarci alle porte del Paradiso e accorgerci che abbiamo sprecato la vita in mille banalità, perché non ci siamo accorti che navigavamo nell’Amore. Questa sarà l’ultima tristezza prima di entrare in Paradiso. Accorgerci che nella vita eravamo immersi nell’Amore e ci siamo preoccupati di mille altre cose non accorgendoci di essere amati. Noi che vogliamo mettere al centro l’Amore abbiamo il bisogno assoluto di scoprirci amati. Nessuno si lamenti di non essere amato. Qualcuno può partire più sfortunato, ma neanche l’Amore dei genitori più santi basta, perché dentro di noi è radicata la paura strutturale di non essere amati, di essere isolati, abbandonati. Questa paura non la vince nessun amore umano. Noi abbiamo bisogno di un amore più grande della morte, e questo Amore si chiama Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà.” L’Amore vince anche la morte!
Se partirete da questa festa con l’intuizione di essere amati uno per uno, allora veramente avrete vissuto la festa. Questo è l’augurio che faccio a ciascuno di voi. Dal momento che noi siamo molto distratti, cosa può aiutarci a sollevare lo sguardo all’Amore di Dio? Abbiamo bisogno di persone innamorate dell’Amore. Ecco il senso di una suor Elvira, di persone consacrate, ecco il senso di una Comunità che non è perfetta. Noi abbiamo questo tesoro in vasi di argilla, e i santi sono i primi ad avere chiaro che non sono santi ma sono innamorati dell’Amore, sono profeti e hanno il compito di svegliarci e di dirci: "Alza lo sguardo, sei amato, non tenere la faccia inchiodata a terra". Infatti il profeta Osea dice: “Chiamati a guardare in alto e a convertirsi, nessuno sa alzare lo sguardo", svelandoci la tristezza di Dio quando non sappiamo alzare lo sguardo.
A questo punto mi soffermo su una parola del Vangelo che circa trenta anni fa è una tra le tante che  mi ha rubato il cuore. Gesù manda i suoi in missione chiedendo uno stile che sintetizza così: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Questo è lo stile di Dio. Dio Padre dona il Figlio gratuitamente, oggi, in questo momento, nell’Eucarestia. Il figlio di Dio non si compra, non si conquista, si riceve. Gesù nella sua vita si è donato gratuitamente fino alla croce. La gratuità è lo stile di Dio. A Pentecoste abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo che è il dono della gratuità che arriva al nostro cuore. Il Padre e il Figlio donano gratuitamente l’Amore che viene ad abitare in noi. Noi siamo abitati dalla gratuità. Per questo possiamo rispondere all’Amore di Dio donando gratuitamente. La gratuità la portiamo dentro. Quando avete visto un fratello nel bisogno e vi siete buttati avete sperimentato la gioia. Quella gioia è la conferma della spirito di Dio che ci dice: "Avanti, questa è vita". Noi siamo tanto vivi quanto amiamo. Questa è una verità profonda che possiamo sperimentare ogni giorno. Quando siamo tristi, chiusi, e facciamo un piccolo passo nell’amore, la serenità entra in noi. Come attingiamo l’Amore? Voi che entrate in Comunità siete fortunati perché avete dei fratelli e delle sorelle più grandi che vi aiutano ad inginocchiarvi, perché l’amore si riceve in ginocchio. Ci sono due canali per ricevere l’Amore: uno è il sacramento del perdono, l’altro è mettersi in silenzio in ginocchio davanti all’Eucaristia e ascoltare Gesù che parla al tuo cuore: "Questo è il mio Corpo dato per te, questo il mio Sangue versato per te". Io ti amo, non avere paura di amare, io amo con te, io amo in te. L’Eucarestia è passare dalla nostra tristezza all’Amore che Gesù ci comunica. Non ti lamentare di non sapere amare, Gesù in te, è l’Amore con il Suo Spirito, unisciti a Lui e ricevi Amore. Così passano le paure. E’ parola di Dio che: "L’amore scaccia il timore".
Concludo con una mia breve esperienza. Avevo 22 anni quando Gesù è entrato in modo più radicale in me. Ho cominciato a conoscere la Comunità, ho sentito la chiamata a diventare missionario, sacerdote, un bisogno grande di pregare. Il parroco mi ha proposto allora di andare a vivere in parrocchia ove, per la prima volta, ho avuto una mia stanza che ho tappezzato di poster con la Parola di Dio scritte con dei pennarelli. Ricordo una frase scritta da me in rosso vivo: “Dio ti ama adesso, adesso puoi amare”. E di fronte al mio letto, che vedevo per ultima la sera e per prima la mattina, era quella: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.” Per me questo era un canto, e significava: “Ricevi tutto: la vita la gioia, il gusto della vita”. Mio padre contadino mi ha trasmesso il gusto della vita e del lavoro. Io amavo molto quel lavoro, e ho fatto fatica a lasciarlo . La sera a volte mi piaceva andare a veder “sorridere” il granoturco irrigato. Proprio il gusto del lavoro ben fatto. Tutto ciò che ho ricevuto: gioia, preghiera, fede, amicizia, senso della vita, l’ho ricevuto da Dio gratuitamente. Mi dicevo: "Allora posso dare gratuitamente”. Questa parola ha inciso molto sulla mia decisione di consacrazione. Gesù non mi ha deluso. Sto ancora imparando. A volte penso che nonostante la veridicità del Vangelo, Gesù si sia “sbagliato” quando ha detto che: "Chi lascia tutto avrà il centuplo già in questa vita”; io dico che avrà il mille, perché veramente Gesù non delude.
Concludo leggendovi un breve messaggio  di Padre Gasparino: "Cari ragazzi ogni anno in questa data suor Elvira mi invitava per dare inizio ai vostri festeggiamenti, e io venivo molto volentieri per esprimere la nostra unità con voi. Quest’anno non posso venire perché sono stato operato al cuore, e allora ho incaricato Pino di venire lui a rappresentare la comunità. Permettete che io vi presenti una proposta per fare crescere la nostra unità. Noi ci siamo accorti che siamo immersi  nei doni di Dio dal mattino alla sera, eppure ringraziamo tanto poco. Perciò abbiamo deciso di stabilire un giorno nel mese da dedicare tutto al ringraziamento. Abbiamo scelto l’ultimo sabato di ogni mese, durante il quale celebriamo l’Eucaristia del ringraziamento, e facciamo di tutta la giornata un Magnificat per riparare alla nostra ingratitudine. Potreste anche voi unirvi al nostro ringraziamento? Suor Elvira deciderà lei se scegliere l’ultimo o il primo sabato del mese. Così cresceremo insieme nella nostra riconoscenza al Signore”.  

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