Cardinale Christoph Schönborn Relazione di apertura al primo congresso mondiale sulla Divina Misericordia
Eminenze, Eccellenze, cari partecipanti a questo primo Congresso sulla Divina Misericordia!
“Misericordias Domini in aeternum cantabo!” “Le tue misericordie o Signore, voglio cantare in eterno!”(Sal 89,2) Veramente possiamo lodare oggi, in questo terzo “dies natalis” del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, la Misericordia del Signore. Insieme al Santo Padre, Papa Benedetto, volgiamo in alto lo sguardo a quella finestra al terzo piano del Palazzo Apostolico, alla finestra del Papa, e torniamo con il ricordo al 2 aprile del 2005. Era la sera che precede la “Domenica in Albis”, la vigilia della Festa della Misericordia. Davvero tutto il mondo aveva gli occhi rivolti su a quella finestra, sapendo che il Papa stava per morire. La malattia del papa si era protratta già da lungo tempo. Egli non era più in grado di celebrare di persona le funzioni della Settimana Santa. A molti è rimasto, indelebile, il ricordo di come il Papa, la domenica di Pasqua, apparve alla finestra per la benedizione Urbi et Orbi: voleva indirizzare un saluto pasquale alle molte persone radunate in piazza San Pietro e davanti ai televisori. Non poteva più parlare. Solo un gesto, muto, di benedizione e quel volto sofferente, indimenticabile, dell’amato Papa. Fu questo il suo ultimo saluto, la sua ultima apparizione alla finestra. Il venerdì, primo aprile, ebbi la gioia di celebrare l’Eucaristia con diversi Cardinali e Vescovi, nella sala dell’ultima cena, a Gerusalemme. All’inizio della Santa Messa arrivò la notizia che il Papa era in fin di vita e che avrebbe potuto lasciarci da un momento all’altro. Era molto commuovente pregare per il Santo Padre e celebrare l’Eucaristia proprio nella sala dell’ultima cena a Gerusalemme. Verso la fine della Santa Messa arrivò la notizia che il Santo Padre stava di nuovo un po’ meglio. Il mio primo pensiero fu: che il Signore lo prenda con sé la domenica della Misericordia! Questa sarebbe stata, per così dire, la giusta data di morte per Papa Giovanni Paolo II.
1.Il Servo di Dio Giovanni Paolo II - Il Papa della Misericordia Ci ricordiamo come si svolsero poi gli avvenimenti. Penso che il Cardinale Dziwisz sia il testimone più autorevole di quelle ore; come pure il Cardinale Ruini, anch’egli presente. Alle otto di sera del sabato 2 aprile, quindi, secondo l’uso liturgico, già all’inizio della domenica (la domenica inizia infatti, liturgicamente, con i vespri del sabato sera, chiamati perciò a a giusto titolo “i primi Vespri della domenica”), il segretario del Santo Padre celebrò ancora una volta la Santa Messa al letto di morte del Papa. Era già la Messa della domenica della Misericordia. Per l’ultima volta il Santo Padre ricevette la comunione, sotto forma di alcune gocce del Sangue prezioso di Cristo, e alle 21 e 37 tornò alla casa del Padre misericordioso. Così il suo cammino terreno finì il giorno della “Domenica della Misericordia”, festa che egli stesso aveva introdotto nell’anno del giubileo del 2000. Allora, nella domenica in Albis dell’anno 2000, insieme alla nuova denominazione di questa domenica dell’ottava di Pasqua, egli aveva anche canonizzato Suor Maria Faustina Kowalska, la prima santa del nuovo millennio. È difficile, anzi impossibile, non ravvisare in questa coincidenza un “segno del Cielo”. Non ha messo Dio stesso “la sua firma” sotto tutto un programma di vita, che Papa Giovanni Paolo II ha ripetutamente caratterizzato, in modo del tutto esplicito, come la sua missione? Nel 1997, a Lagiewniki, nel luogo in cui ha vissuto ed è sepolta Suor Faustina, egli dichiarò: “Il messaggio della Divina Misericordia ha in un certo senso formato l’immagine del mio pontificato”. Vi invito così a considerare un po’, insieme, il cammino che Papa Giovanni Paolo II ha percorso con questo mistero, come lo abbia sperimentato, vissuto, ponderato e come lo abbia trasmesso a tutti noi. In occasione della sua ultima visita in Polonia – era l’addio alla sua patria, nel 2002 – il Papa ha consacrato la nuova basilica di Lagiewniki, il Santuario della Divina Misericordia. Vorrei citare qualche frase da quella predica, che per me rappresenta come una sorta di mandato per la Chiesa, per la sua patria polacca, ma anche per tutta la Chiesa mondiale. Era come un’intima richiesta del papa ed in fondo una richiesta di Gesù al nostro tempo. Confesso che le parole pronunciate allora da Papa Giovanni Paolo II rappresentano per me quasi un incarico, direi quasi, una missione. Allora, il 17 agosto 2002 egli a Lagiewniki disse:“Quanto bisogno della misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti, là è necessaria la grazia della misericordia, per placare le menti e i cuori, e per far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, è necessario l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Abbiamo bisogno della misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità”. Seguirono quindi queste solenni parole che davvero rappresentano una sorta di testamento di questo grande Papa: ”Perciò oggi, in questo Santuario, voglio solennemente affidare il mondo alla Divina Misericordia. Lo faccio con il desiderio ardente che il messaggio dell’amore misericordioso di Dio, qui proclamato mediante Suor Faustina, giunga a tutti gli abitanti della terra e ne riempia i cuori di speranza. Tale messaggio si diffonda da questo luogo nell’intera nostra amata Patria e nel mondo. Si compia la salda promessa del Signore Gesù: da qui uscirà "la scintilla che preparerà il mondo alla Mia ultima venuta". Dobbiamo accendere questa scintilla della grazia di Dio e trasmettere al mondo questo fuoco della misericordia. Nella misericordia di Dio il mondo troverà la pace, e l’uomo la felicità! Affido questo compito a voi, carissimi Fratelli e Sorelle. Siate testimoni della misericordia!” Penso che queste parole del grande Papa, lasciate come un testamento in Polonia, in occasione del suo ultimo viaggio, un giorno prima della sua partenza, siano come una direttiva per il nostro tempo a tutta la Chiesa. Esse sono anche, in un certo qual modo, le “madrine di battesimo” di questo congresso. Vogliamo intendere come un mandato il suo appello: “Siate testimoni della misericordia!”. Poi accadde qualcosa di molto commuovente: al termine della celebrazione eucaristica, il Santo Padre parlò, del tutto spontaneamente, di alcuni ricordi personali. In quelle frasi si nota come il tema della Divina Misericordia fosse profondamente ancorato nella sua vita, come fosse proprio, in un certo senso, il fermaglio che la tiene insieme tutta. Già all’inizio del suo difficile cammino verso il sacerdozio c’è l’incontro con il messaggio della Divina Misericordia, ed esso fu il sigillo della sua ora di morte. Cito quanto egli disse allora, il 17 agosto del 2002: “Alla fine di questa solenne liturgia desidero osservare che molti dei miei ricordi personali sono legati a questo luogo, a Lagiewniki, un sobborgo di Cracovia. Venivo qui soprattutto durante l’occupazione nazista quando lavoravo nel vicino stabilimento Solvay. Ancora oggi ricordo la via che porta da Borek Falecki a Debniki. La percorrevo tutti i giorni andando a lavorare in diversi turni, con le scarpe di legno ai piedi. Chi avrebbe creduto che quell’uomo con gli zoccoli un giorno avrebbe consacrato la basilica della Divina Misericordia a Lagiewniki di Cracovia? “ Nel 1942 Karol Wojtyla era entrato nel “Seminario segreto” fondato dal Cardinale Sapieha, il coraggioso Arcivescovo di Cracovia. Un compagno di seminario, Andreas Deskur, oggi Cardinale della Curia in sedia a rotelle, gravemente malato, gli aveva richiamato l’attenzione sul messaggio della Divina Misericordia di una certa suora Faustina Kowalska, nata nel 1905 e morta, trentatreenne, nel 1938. Dunque a quel tempo egli sapeva già di questa semplice suora, davanti al cui monastero passava ogni giorno per andare al lavoro, al lavoro forzato nella fabbrica chimica. Già a quel tempo egli sapeva di lei ed aveva sentito parlare dei messaggi che lei riceveva da Gesù e che sono riportati in maniera così coinvolgente nel suo diario. Karol Wojtyla, come Vescovo Ausiliare di Cracovia ed in seguito come Arcivescovo e Cardinale, si prodigò molto per la beatificazione di Suor Faustina. Dovette superare alcune resistenze perchè il Santo Uffizio, come allora si chiamava l’attuale Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma, nutriva grosse riserve sugli scritti di Suor Faustina. In seguito risultò che ciò era dovuto soprattutto a traduzioni sbagliate ed equivoche. Infine, come Papa, Giovanni Paolo II ha potuto infine beatificare Suor Faustina nel 1993 e canonizzarla nell’anno 2000. Egli ha ripetutamente sottolineato come il tema della misericordia fosse centrale nella sua vita. Ma nei messaggi di Suor Faustina, che in fondo non dicono nulla di diverso da quanto ci dice il Vangelo, egli vide soprattutto una risposta alle indescrivibili proporzioni assunte dal male nel ventesimo secolo e di cui egli stesso, nella sua vita, fu testimone: gli orrori del nazionalsocialismo, le incredibili sofferenze della popolazione polacca durante l’occupazione nazista, e il successivo comunismo. Volgendo lo sguardo a quegli anni di dolore, nel 1997 egli disse: “Il messaggio della Divina Misericordia mi è stato sempre caro e vicino. È come se la storia lo avesse iscritto nella tragica esperienza della seconda guerra mondiale. In quegli anni difficili, esso fu un particolare sostegno e una fonte inesauribile di speranza, non soltanto per gli abitanti di Cracovia, ma per l’intera nazione polacca. Questa è stata anche la mia esperienza personale che ho portato con me sulla Sede di Pietro e che, in un certo senso, forma l’immagine del mio pontificato.” Ora naturalmente dobbiamo porci la domanda: Papa Giovanni Paolo II voleva promuovere con ciò una particolare forma di devozione? Voi tutti conoscete l’immagine di Gesù Misericordioso di Lagiewniki di Cracovia, con i raggi che si dipartono da lui, conoscete la coroncina alla Divina Misericordia, l’ora della Misericordia. Certamente egli ha apprezzato queste forme di devozione, ma le ha tematizzate piuttosto raramente. Egli trovò però, nelle parole, nei messaggi che Suor Faustina ricevette da Gesù e che trasmise in un linguaggio del tutto semplice, la risposta ai grandi quesiti e alle sfide del nostro tempo. Papa Giovanni Paolo II ha riflettuto, alla luce di questi messaggi, per tutta la vita, sull’inesauribile mistero della Divina Misericordia. Questo mistero ha plasmato il suo operato di sacerdote, di vescovo e di papa ed ha toccato, attraverso la sua persona, un numero infinito di uomini in tutto il mondo. Egli era davvero un “testimone” unico “della Misericordia”. Prima di affrontare il tema della Misericordia nel suo contenuto, vorrei premettere una breve osservazione circa le “rivelazioni private”. Che valore hanno? In che modo esse sono “vincolanti”? Ascoltiamo cosa dice a proposito il “Catechismo della Chiesa Cattolica”: “Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate « private », alcune delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di « migliorare » o di « completare » la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o dei suoi santi alla Chiesa” (n. 67). Le “rivelazioni private” ricevute da Suor Faustina aiutano di certo a vivere più pienamente la Rivelazione di Cristo “in una determinata epoca storica”. E senza dubbio si riscontra anche, in esse, “un appello autentico di Cristo… alla Chiesa”. Proprio oggi, nel terzo anniversario della morte del grande Papa della Misericordia, noi che da tutte le parti della terra siamo convenuti a questo congresso, desideriamo sforzarci insieme, di ascoltare e di accogliere questo appello di Cristo alla Chiesa di oggi. Sia Cristo stesso ad aiutarci a capire più profondamente il suo desiderio, così spesso raccomandato al cuore di Santa Faustina: che tutti gli uomini conoscano la sua Misericordia, la sperimentino e la vivano di persona.
2. La Misericordia di Dio – Il centro della fede cristiana Mi piacerebbe considerare, insieme a voi tutti, così tante cose, in questo breve tempo, ora che ci chiediamo quali siano, dunque, i punti più importanti nella dottrina della Misericordia di Dio. Ma devo limitarmi molto: parlerò prima della Misericordia di Dio nell’Antico Testamento, rivolgerò poi lo sguardo a Gesù, la Misericordia di Dio in persona. Infine offrirò alcune indicazioni su come poter vivere più profondamente, noi stessi, il mistero della Misericordia.
a) La Misericordia di Dio – Il cuore dell’Antico Testamento Esiste ancora, purtroppo, l’immagine distorta, che il Dio dell’Antico Testamento sia un Dio adirato e il Dio del Nuovo Testamento un Dio benevolo. In realtà la cosa è del tutto diversa. L’Antico Testamento è una grande scuola della Misericordia di Dio. Dio si rivela a Mosè come “un Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6; cf. CCC 210). La sua ira non è come la nostra. La sua ira è solo il rovescio del suo amore appassionato. La sua collera è l’espressione della sua premura. Non è Lui che ha bisogno del suo popolo, ma è il suo popolo che ha bisogno di Lui. È l’allontanarsi del suo popolo da Lui a portare infelicità e miseria. “Perché…il mio popolo ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua” (Ger 2,13). L’amore di Dio per il suo popolo è di una fedeltà inimmaginabile. Ma è anche veritiero. La sua Misericordia si manifesta in primo luogo nel fatto che essa palesa la verità. Esiste una religione nella quale vengano messi a nudo e castigati, con una critica così inesorabile, spietata, tutti gli errori della propria comunità? Gli errori vengono nominati senza riguardi, ogni fallimento viene chiamato per nome. A tutti, dal re alle persone più semplici, vengono rimproverati i loro errori – in modo apparentemente impietoso -. Ma proprio in questo si manifesta la misericordia di Dio. Essa non può mai esistere senza la verità. Essa può guarire solo se formula la diagnosi in modo del tutto onesto e chiaro. L’Antico Testamento mostra la grandiosa Misericordia di Dio per i peccati del suo popolo. Ma i peccati non vengono né minimizzati, né banalizzati. Cristo porterà ciò a compimento: la Sua Misericordia non è mai senza la verità. Gli ipocriti non possono trovare pietà perché si comportano come se non avessero bisogno di commiserazione alcuna. La misericordia può “attecchire” solo là dove i peccati si chiamano per nome. Ma, viceversa, è possibile fissare lo sguardo sulla propria miseria, vedere i propri peccati e riconoscerli, solo nell’incontro con la Misericordia di Dio. Rivelare la propria colpa di fronte a un giudice impietoso sarebbe, in un certo senso, un suicidio. Solo di fronte all’amore di Dio che odia il peccato, ma ama il peccatore, è possibile riconoscere e confessare il proprio peccato. Come un bambino che ne ha fatta una delle sue, il peccatore può correre verso Dio e gettarsi nelle sue braccia misericordiose. Solo la fiducia in Dio, in Gesù (“Jezu, ufam tobìe”, “Gesù, confido in te”) fa sì che ci si possa pentire dei propri peccati veramente per amore di Dio. Si rimprovera volentieri la Bibbia e il Cristianesimo di parlare in continuazione del peccato. È vero: la nostra liturgia parla molto del peccato. Ma ciò non dipende anche dal fatto che noi confidiamo nella Misericordia di Dio? Siccome noi crediamo e abbiamo fiducia nel fatto che Dio sia infinitamente misericordioso, non abbiamo bisogno di nascondere i peccati, di negare i nostri errori, di dichiarare continuamente la nostra innocenza. Solo così possiamo capire perché i grandi santi si ritenessero così grandi peccatori. Essi vedevano, alla luce della Misericordia di Dio, quanto fossero ancora peccatori, e quanto profonda fosse la propria miseria. Citerò in conclusione un testo sorprendente di Suor Faustina che chiarifica la cosa. L’Antico Testamento è davvero la grande storia d’amore di Dio con il suo popolo, la scuola della misericordia. Ma soltanto in Gesù Cristo si rivela l’intera misura della Misericordia di Dio. Egli è la Misericordia di Dio “in persona”.
b) Gesù – l’”Incarnazione” della Misericordia di Dio Gesù stesso ci fornisce la prova migliore che il Dio dell’Antico Testamento è il Dio misericordioso. Come “formula breve” per la via alla santità ci dice semplicemente questo: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). Vivere la misericordia significa dunque essere così perfetti “come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48). Ma come è misericordioso il nostro Padre celeste? Lo sappiamo? Come possiamo impararlo? Come ci deve entrare, per così dire, “nel sangue”, così da conoscere spontaneamente, dall’intimo del cuore, la Misericordia di Dio, da portarla dentro di noi ed amarla? Come possiamo, noi poveri peccatori, riflettere la perfezione di Dio proprio nella misericordia? Dio ci ha rivelato questa via verso la Sua perfezione. A ciò egli ha preparato il suo popolo lungo tutto l’Antico Testamento. “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). Adesso noi possiamo vedere, in una forma umana, la Misericordia di Dio. E possiamo apprendere, in comunione con Gesù, la Misericordia di Suo Padre. Vivendo in comunione con Gesù possiamo diventare suoi seguaci, suoi discepoli. Egli può mostrarci la Misericordia del Suo Cuore. Può, ancora di più, imprimerla in noi, formarci secondo il Suo Cuore. Questa è la via nuova che il Padre ci ha dischiuso. Come, altrimenti, potremmo conoscere la Misericordia di Dio, se non potessimo vederla nel volto umano di Gesù? La Misericordia di Gesù è dunque la nostra via per diventare simili a Dio. Così dobbiamo pregare Lui di mostrarci la Sua Misericordia. Pregherò in conclusione Santa Faustina di darci la sua parola, che ci sia qui di aiuto. Spesso nel Vangelo vediamo Gesù preso dalla misericordia. Riporto qui solo tre esempi: la vedova di Nain (Lc 7, 11-15). Il suo figlio unico è morto. Lo portano fuori dalla città. Gesù incontra il corteo funebre. Quando Gesù vide la vedova “fu preso da compassione”, letteralmente: “si commosse fino alle viscere”. Un’altra volta è la vista e l’accorata supplica di un lebbroso a commuovere profondamente Gesù (Cf. Mc 1,41 ss.). Un’altra volta ancora, sono due ciechi che, con la loro miseria, suscitano la profonda compassione di Gesù (cf. Mt 20, 34). Che cos’è la misericordia? È una reazione spontanea, naturale, alla miseria del prossimo? Oppure Gesù ha portato dal cielo sulla terra, con la Sua Misericordia, un atteggiamento nuovo? Alcuni cercano, oggi, di far passare l’eutanasia per misericordia. Non è crudele lasciare che un malato si contorca nel dolore fino alla morte? Non è misericordioso abbreviare la sua sofferenza? Dà da pensare, che i promotori dell’eutanasia debbano, per così dire, “abbellire” l’uccisione di un malato, per poterla difendere. Come cristiani dobbiamo cercare di chiamare le cose con il loro nome, di porle alla luce della verità. Un amico, medico, mi ha confidato come si comporta di fronte a richieste di eutanasia. Quando vengono persone a dirgli: “Dottore, nostra nonna soffre tanto, non potrebbe accorciarle le sofferenze, sa, con una piccola puntura…” – Lui risponde: ” ma uccidetela voi stessi, vostra nonna!” Con una parola è tutto chiaro: l’eutanasia è un omicidio, anche se la si nasconde sotto il mantello della misericordia. La misericordia è un atteggiamento fondamentale dell’uomo. Non a caso equipariamo la mancanza di misericordia con la mancanza di umanità. Chi di fronte al dolore, a chi patisce, com-patisce, si comporta da vero uomo. Chi si prende gioco del dolore, si comporta in modo disumano. In questo senso la Misericordia di Gesù ha tratti semplicemente umani. Alla scuola di Gesù impariamo le semplici virtù dell’uomo. Dobbiamo dunque essere misericordiosi, per essere davvero umani. Qualcosa protesta dentro di me: io non posso però essere misericordioso verso tutti! E poi, la misericordia non è come un “guardare dall’alto in basso”? Non abbiamo piuttosto bisogno di giustizia che di misericordia? Nella mia gioventù – appartengo alla cosiddetta generazione dei sessantottini – questo era un grande tema: cambiare le strutture, non cospargere qua e là un po’ di compassione. Era questa la tentazione del marxismo: di dover cambiare radicalmente la società. A quel tempo si riteneva che le singole opere di misericordia cementassero soltanto le ingiuste strutture. La questione è davvero assillante: Gesù ha cambiato veramente il mondo? Perché continuano ancora ad esserci la guerra, la fame, la sofferenza? Gesù ha eliminato la miseria solo a quel tempo? Ha aiutato singole persone, ma ciò è servito a qualcosa? Gesù stesso fece notare, in maniera del tutto provocante, a Nazareth, la sua patria, che già prima di lui solo pochi venivano guariti dai profeti, e la stessa cosa avveniva con Gesù (cf. Lc 4, 27). Conosciamo questo dilemma: a cosa serve mai la misericordia in casi singoli, per i molti altri che si trovano nella stessa situazione? Dobbiamo allora rinunciare alla misericordia, visto che essa non risolve poi un gran che? Gesù ha risposto a questa domanda con la parabola della misericordia del buon samaritano: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti… “ Un dottore della legge chiese:“Chi è il mio prossimo?" proprio a causa di questa difficoltà: che io non posso amare tutti gli uomini! Non posso essere misericordioso con tutti! Ma non si tratta di questo. La misericordia non è un sentimento vago di “amore universale”. Essa è concreta. Nel racconto di Gesù un sacerdote e un levita passano per la strada. Vedono quell’uomo mezzo morto, derubato e passano oltre cambiando il lato della strada. Avevano forse motivi ragionevoli per farlo: avevano, per esempio, paura di venire aggrediti essi stessi. I briganti potevano essere ancora nelle vicinanze. Il samaritano agisce in modo umano: è preso da profonda compassione. Fa quello che la situazione richiede. Interrompe tutti i suoi programmi di viaggio, impegni e appuntamenti, e si cura del ferito grave. “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". La risposta è inevitabile: "Chi ha avuto compassione di lui" (cf. Lc 10, 25-37). La misericordia è concreta. Non riguarda in qualche modo un po’ tutti, ma colui che, qui ed ora, ha bisogno del mio aiuto. Tutti noi però abbiamo bisogno di aiuto. Tutti abbiamo bisogno di misericordia! Si, certo! Ma lo sappiamo già? Non crediamo molto spesso di non aver bisogno di nessun aiuto e, a maggior ragione, di nessuna misericordia? Questa cosa mi è diventata particolarmente chiara nel mio lavoro con le persone dipendenti, in particolar modo con gli alcolizzati. Essi spesso ritengono di non avere bisogno di nessun aiuto: “Ce la faccio da solo!” Ma non ce la fanno! Si ingannano e cercano di ingannare gli altri. Credono di poterlo nascondere. Tutti sono già al corrente della loro dipendenza, ma essi continuano a credere di farcela da soli. Come può “far presa” qui la misericordia, se manca la comprensione della propria miseria? Sentiremo qui, attraverso la testimonianza di Suor Elvira, cose preziose, di come il Signore possa fare breccia nelle mura della dipendenza. La dipendenza è per me una similitudine per tutti noi che confidiamo ancora troppo poco nella Misericordia di Gesù. Gesù sa di quanta misericordia abbiamo bisogno. Noi, spesso questo non lo capiamo ancora, o ancora troppo poco. Il messaggio di Gesù, circa la Misericordia di Suo Padre, fu rifiutato in diversi modi. Perché? La Bibbia ha solo una risposta a ciò: a causa della durezza di cuore. Ogni giorno cominciamo la preghiera delle Ore della Chiesa con il Salmo 95:“Venite, applaudiamo al Signore…” Ed ogni giorno mi tocca un verso di questo salmo: “Ascoltate oggi la sua voce! Non indurite il cuore, come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto” (Sal 95, 8). L’indurimento di cuore è il contrario della misericordia. Quanto dobbiamo implorare che il nostro cuore non diventi “poròs”, indurito, di pietra! Non deve ottundersi, diventare insensibile! Proprio questo è infatti il peccato primario dell’uomo nei confronti di Dio, e sempre poi anche nei confronti del prossimo. L’ indurimento di cuore è distacco da Dio e perdita della propria umanità. Il nostro indurimento di cuore è causa di così tanto dolore fra noi uomini. Esso è anche la causa della morte di Gesù. È lui che lo ha portato alla croce. È lui che lo ha crocifisso! Solo l’amore di Dio che arriva fino alla croce può aprire una breccia nei nostri cuori induriti. Egli ha mostrato il suo amore per noi dando la Sua vita per i Suoi nemici. Solo questo eccesso di misericordia verso coloro che lo uccidono, può aprire i cuori La misericordia comincia a raggiungere la misura piena di Cristo solo dove essa incontra la durezza di cuore. Soltanto la misericordia, apparentemente impotente, può sciogliere i cuori impietriti. Questo ha sperimentato il buon ladrone a destra della croce, e per questo egli è il primo in paradiso: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23, 43). È questo che da allora hanno sperimentato tutti quelli che hanno incontrato l’Amore crocifisso del Signore. Di fronte alla croce comprendiamo che la Misericordia di Dio non è la conseguenza, bensì la causa della nostra misericordia. Non noi abbiamo “fatto cambiare di umore” Dio, così che Egli non è più adirato, ma misericordioso verso di noi. È la sua Misericordia a precedere la nostra e a renderla possibile. Per questo vogliamo, per questo possiamo, “lodare la sua Misericordia in eterno”. Cari fratelli e sorelle! Qui in realtà dovrebbe terminare la mia relazione. Tuttavia devo mantenere ancora una promessa. In due punti ho accennato a Santa Faustina, a testi del suo Diario che ho promesso di citare. Oggi devo lasciare a lei l’ultima parola, alla grande santa della Misericordia. Lei, la semplice suora, deve essere per noi, per i prossimi giorni di questo congresso, una forte protettrice, e colei che ci indica il cammino. Il primo testo lo ha scritto il 10 ottobre 1937 (Diario n. 1318), appena un anno prima della morte: “O mio Gesù, in segno di riconoscenza per tante grazie, Ti offro l’anima ed il corpo, l’intelletto e la volontà e tutti i sentimenti del mio cuore. Coi voti mi sono data tutta a Te, non ho più nulla da poterTi offrire. Gesù mi disse: “Figlia Mia, non Mi hai offerto quello che è effettivamente tuo”. Mi concentrai in me stessa e mi resi conto che amavo Iddio con tutte le forze della mia anima e, non riuscendo a conoscere che cos’era che non avevo dato al Signore, domandai: “ Gesù, dimmelo e Te lo do immediatamente con generosità di cuore”. Gesù mi disse con amabilità: “Figlia, dammi la tua miseria, che è l’unica tua esclusiva proprietà”. In quel momento un raggio di luce rischiarò la mia anima e conobbi tutto l’abisso della mia miseria. In quello stesso istante mi strinsi al Sacratissimo Cuore di Gesù con tanta fiducia che, anche se avessi avuto sulla coscienza i peccati di tutti i dannati, non avrei dubitato della Divina Misericordia, ma col cuore ridotto in polvere, mi sarei gettata nell’abisso della Tua Misericordia. Credo, Gesù, che non mi avresti respinta da Te, ma mi avresti assolta per mano di un Tuo rappresentante”. “Dammi la tua miseria, che è l’unica tua esclusiva proprietà”. Tutto il resto lo abbiamo ricevuto in dono da Dio, il corpo e l’anima, la vita e i talenti, le grazie e le virtù. Solo la nostra miseria ci appartiene del tutto! Che invito ad avere piena e completa fiducia! Anche e soprattutto nella nostra miseria! Prima di citare il secondo testo, conosciuto bene da molti di voi, devo ancora aggiungere, velocemente, una frase che Gesù disse a Suor Faustina e che lei annotò, lo stesso 10 ottobre del 1937: “Alle tre del pomeriggio implora la Mia Misericordia specialmente per i peccatori e sia pure per un breve momento immergiti nella Mia Passione, particolarmente nel Mio abbandono al momento della morte. È un’ora di grande Misericordia per il mondo intero… In quell’ ora non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia passione”(Diario n. 1320). Per questo, nei giorni del congresso, vogliamo esercitarci in modo particolare anche nell’”ora della Misericordia”! Ed infine l’ultima parola a Suor Faustina. Si tratta della sua grande preghiera, nella quale prega Gesù di “formarla” tutta nella Sua Misericordia, di imprimere così profondamente nel suo cuore la Sua Misericordia, così che essa determini, dall’intimo, tutto il suo essere. Che questa preghiera sia un po’ il “centro del cuore” di tutto il congresso: “Desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso vivo di Te, o Signore. Che il più grande attributo di Dio, cioè la sua incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio cuore e la mia anima. Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del prossimo e gli sia d’aiuto. Aiutami a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami, o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono. Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi. Aiutami, Signore, a far sì che i miei piedi siano misericordiosi in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. Il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo. Aiutami, Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore. Mi comporterò sinceramente anche con coloro di cui so abuseranno della mia bontà, mentre io mi rifugerò nel Misericordiosissimo Cuore di Gesù. Non parlerò delle mie sofferenze. Alberghi in me la tua Misericordia, o mio Signore(…) O Gesù mio, trasformami in Te Stesso poiché Tu puoi fare tutto. Amen” (Diario di Santa Maria Faustina Kowalska, n. 163).
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