Omelia di don Stefano Aragno – Santa Messa del pomeriggio Nel cuore di Elvira 23 anni fa ha incominciato a bruciare un fuoco. Lei era una suora felicissima, non era esaurita, triste, con l’ansia, la depressione. Lei stava bene dov’era. Così come abbiamo ascoltato di Mosè, che era un uomo felice di fare il pastore. Dio però comincia a metterti un fuoco dentro e vuole che tu ti avvicini a Lui per camminare, ti fa togliere i calzari e ti dice che quello che sta avvenendo in te è qualcosa di sacro. Il Signore dice a Mosè: “Non è qualcosa di tuo, ma è qualcosa di mio. Non è un fuoco che hai acceso tu, ma è un fuoco che ho acceso Io. Non è tuo, ma è mio! Togliti i calzari e rispetta quello che Dio ti sta mettendo nel cuore, quel fuoco non spegnerlo, ma accostati perché è qualcosa di sacro”. Mosè forse non capisce, però dice una cosa grande che è la stessa che hanno detto tutte le persone che hanno incontrato quel fuoco e che sono rimaste travolte, scottate, bruciate, ma di un bel bruciore perché non è un fuoco che ti brucia la pelle, ma è un fuoco che ti accende il cuore, che ti scomoda e che non ti dà più pace o, meglio, ti dà la pace vera, quella pace che ti mette in discussione, che ti mette in cammino, che è l’inquietudine di fare qualcosa per un popolo che è schiavo. Mosè dice: “Eccomi!”. Maria un giorno dirà a Nazareth: “Eccomi!” Elvira un giorno ha detto nel suo cuore: “Eccomi!”. Tanti di noi che hanno consacrato la loro vita a Dio, tutti questi sacerdoti presenti, tutte le sorelle consacrate, tutti voi genitori, un giorno avete detto a Dio: “eccomi!”. Avete sentito un fuoco bruciare nel cuore, il fuoco dell’amore per un uomo, per una donna, per il popolo di Dio, per la Chiesa, per i poveri, per i giovani, per tutti. Eccomi è la parola più grande che un uomo possa dire senza capire con la testa, ma sentendo il cuore che brucia, che batte per un amore che si è acceso. Da un uomo e da una donna capaci di dire “eccomi” nasce la vita, nascono i figli, la pace, la gioia. Nel mondo nasce la speranza. Nelle terre di missioni nasce la dignità dell’uomo. Nelle parrocchie nasce la presenza di Dio viva, perché c’è qualcuno che dice “eccomi”. Rinasce la vita, il deserto torna a fiorire. L’amore di Dio torna a bruciare e gli uomini possono finalmente sentirlo. Mosè dice “Eccomi!” e Dio gli dice: “guarda che Io non sono un fantasma, ma sono il Dio di tuo padre, di tua madre, di Abramo, di Isacco, sono il Dio di Giacobbe”. Dio ci fa entrare dentro una storia che Lui dal primo giorno della creazione sta facendo con l’umanità: la storia infinita dell’amore di Dio per l’uomo. E’ una storia scritta da uomini e donne di ogni tempo che noi nell’eternità conosceremo, e potremo dire finalmente il nostro grazie a tutti coloro che ci hanno preceduti e che prima di noi hanno detto “eccomi!” a quel Dio di cui noi oggi possiamo sperimentare l’amore. “Io sono il Dio di tuo padre”: tu entri dentro una storia, una tradizione, una vita, che è la storia della santità, la storia del suo amore per gli uomini che passa attraverso il “sì” di coloro che Lui sceglie per amare e per far sentire l’amore. Dio poi dice a Mosè: “Ho sentito la miseria del mio popolo”. Questo mi riempie il cuore di gioia quando penso alla chiamata di Elvira, alla nostra, alla mia, a quella dei miei fratelli sacerdoti che Dio ha chiamato in questa sua opera, che è la Chiesa, che è l’amore di Dio per il mondo. Dio ha scelto noi perché ha ascoltato il vostro grido! Noi appartenendo a Lui, apparteniamo a voi. Siamo di Dio, ma siamo anche vostri. Quella terra santa davanti alla quale dobbiamo toglierci i calzari è la vostra vita, ragazzi e ragazze! E’ la vostra storia! Siamo noi la terra santa di Dio. Allora Dio dice a Mosè: “Togliti i calzari! Guarda che quel popolo al quale Io ti mando merita la dignità di essere il mio popolo”. Cari ragazzi e ragazze della Comunità, genitori, popolo dalla “dura cervice” come era il popolo di Israele che faceva fatica ad obbedire come succede a noi. Un popolo povero, a brandelli, lacerato, che faceva tre passi avanti e due indietro, che cadeva e ricadeva negli stessi compromessi. Eppure Dio dice a Mosè: “Davanti a quel popolo togliti i calzari. Sii pulito nel tuo servizio, nel tuo amore, perché Io amo quel popolo”. Ragazzi e ragazze abbiamo una sola cosa da dirvi con la nostra gioia, con tutta la nostra vita, col nostro sangue, anche con la nostra povertà, con i nostri sbagli, con le volte che diventiamo nervosi e poi abbiamo bisogno di chiedervi perdono. Abbiamo una sola cosa da dirvi, una sola cosa per la quale stiamo dando tutta la nostra vita, per la quale abbiamo rischiato con coraggio come Mosè di lasciare padre, madre, sicurezze, cose umane perché vogliamo dirvi la cosa più grande del mondo: Dio ci ama! Dio vi ama! Siete un popolo che Dio ama immensamente! Credo che in Elvira e in coloro che veramente sono chiamati a far parte di questa Comunità, anche quando voi vedete le nostre povertà e noi vediamo le vostre, c’è un amore che Dio ha acceso e che non si può più spegnere. Io ogni tanto penso: “Signore, ma non mi potevi chiamare per qualcun’altro che capiva subito, che obbediva subito, che non si doveva far ripetere le cose mille volte… Eppure quando sogno qualcosa di bello lo sogno insieme a voi. Come Mosè che ad un certo punto quando doveva lottare con Dio, da una parte diceva al popolo che aveva la testa dura e dall’altra diceva a Dio: “di questo popolo che mi hai dato non posso più fare a meno, di vivo per loro”. Ragazzi, vogliamo dirvi con gioia oggi che noi siamo con voi e lo saremo per sempre. Nelle missioni della Comunità la prima domanda che i bambini fanno è: “Quanto tempo stai con noi? Per quanto tempo ci ami? Quanto del tuo tempo darai a noi?”. Vi posso dire con gioia, e sono certo che ciascuno di noi sacerdoti che Dio ha chiamato per voi, di noi fratelli e sorelle consacrate, di noi famiglie della Comunità che vogliamo dare la vita, vogliamo dirvelo con il cuore: “Per sempre saremo con voi!”. Vedrete lo stesso le nostre povertà, sbaglieremo ancora tante volte, siamo limitati come voi, ma l’amore che Dio ci ha messo nel cuore è un amore che non si può più spegnere nemmeno con il nostro peccato perché é un fuoco suo. Solo gli insensati pensano che il fuoco che Dio ha acceso su questa collina 23 anni fa sia un fuoco acceso da noi. Credetemi, chi ci conosce vede talmente le nostre povertà che o capisce che questa é opera di Dio, o se ne va scandalizzato. Perché é così evidente, e lo è a noi per primo, che Dio ha fatto nascere qui qualcosa che sfugge dalle nostre mani. Come Mose dice: “Ma chi sono io, io Mosè che balbetto, che non sono neppure capace di parlare, che fino a ieri ho fatto il pastore...” anche a suor Elvira, quando chiedeva di aprire la Comunità, gli veniva detto: “Ma chi sei tu che hai pelato tante patate, che hai lavato le pentole, come puoi tu aiutare i giovani, i tossici...” ed era tutto vero, ma proprio lì è il segno di Dio. Li è il segno che c’è il dito di Dio perché c’è qualcosa che è stoltezza per gli uomini, che non si può capire con la testa. Lì vedi proprio che Dio ha messo le mani in pasta, perché umanamente non sarebbe possibile. Mosè come può andare da un faraone, da un potente a liberare un popolo, come può lui uomo debole e povero. Come può una piccola suora, da ventitre anni, far andare “a bacchetta” dei tossici, quando non ci riesce nessuno. Voi mamme e papà, provate a pensare, se riuscivate a tirare giù dal letto vostro figlio alle sei di mattina. Pensate alle nostre cinquantatre Comunità: i ragazzi alle sei del mattino saltano giù dal letto, vanno in Cappella, pregano. Impariamo a volerci bene, cadiamo nei compromessi ma impariamo a dirci la verità, e questo è il miracolo ed è opera di Dio proprio perché è così grande la nostra fragilità, la nostra povertà. Dio dice a Mosè, Dio dice a noi, Dio ha detto ad Elvira: “Non preoccuparti, io sarò con te!”. Ci sarebbe solo da chiudere la bocca e da far danzare il cuore. Dio dice a ciascuno di noi: “Non avere paura, io sarò con te. Tu puoi uscire dall’Egitto, tu puoi toglierti da anni e anni di droga, puoi toglierti la disperazione che avevi nel cuore perché Io sono con te”. Quel fuoco che un giorno Mosè ha sentito nel cuore è lo stesso fuoco che un giorno è entrato a Nazareth e ha ribaltato la vita di Maria. Il fuoco di Dio si accende anche nella piccola casa di Nazareth e Maria dice: “Eccomi!” e come Mosè dice : “Ma chi sono io! Ma come è possibile che io, ragazza di quindici anni, possa partorire il Figlio di Dio?”. Provate a pensare come umanamente possa succedere che una ragazzina di quindici anni diventa la madre di Dio e che Lui le dice: “Maria ho bisogno di te, sono innamorato dell’umanità e di te. Voglio nascere nella storia”. Maria, con le mani e le gambe tremanti, dice a Dio “Eccomi!” e Dio gli dice, come aveva detto a Mosè,: “Non temere Maria, lo Spirito Santo scenderà. Guarda che questo fuoco del mio amore è sceso anche a casa di tua cugina Elisabetta. Lei che non poteva avere figli ora è incinta. Nulla è impossibile a Dio”. Nulla è impossibile a Dio: anche da una vita sterile e vecchia come quella di Elisabetta, come la nostra quando siamo entrati in Comunità, può rinascere la vita. Nulla è impossibile a Dio, Lui può rendere feconda la tua vita e può partorire anche da un grembo che è stato sterile per tanti anni. A me piace sempre pensare a questo quando leggo il Vangelo di oggi: il fuoco di Dio ti fa correre. Maria esce da quella casa di Nazareth dopo che ha sentito il fuoco dello Spirito entrare nella sua vita e corre in fretta verso la montagna. La gioia della vita che ha dentro la fa correre, la gioia di quel fuoco che ha riacceso la sua vita anche se l’ha buttata in un rischio, che le ha fatto dire un eccomi coraggioso, che l’ha esposta al rischio. Ma la fede o rischia o non è fede, ma muffa. Maria raggiunge Elisabetta. Penso che Maria abbia corso perché aveva la gioia di portare a tutti quel Dio che aveva nel grembo: ma è una corsa in montagna. La fede, il cammino che stiamo imparando in Comunità, sappiamo bene che non è una discesa. La via del Vangelo non è comoda, è una porta stretta, ma è la porta della libertà. La via della fede è un cammino in salita, ma è un cammino bello, vivo, che dall’alto di un monte ti spalanca gli orizzonti di una vita nuova. Maria corre in montagna, corre perché porta Gesù, ma io credo che corre anche per avere la conferma della sua fede, perché la conferma della fede sta nel fratello che sta vicino a te. Voi ragazzi e ragazze siete la conferma della fede che ha avuto Elvira. Guardando a voi noi crediamo che Dio ci ha veramente chiamati. Vedendo quello che Dio ha provocato in voi che avevate il grembo molto più sterile di quello di Elisabetta, noi crediamo veramente che Dio è passato in questa terra santa. Maria corre e quando vede Elisabetta che è incinta allora dice: “Dio è proprio Dio, quell’eccomi che ho detto è proprio un eccomi”. Mi dà molta gioia pensare che il fratello e la sorella accanto a me nutrono la mia fede. Questa è l’esperienza della Comunità. Quando entriamo in Comunità siamo a pezzi, ma il fratello e la sorella che sono vicino a noi, in cui abbiamo visto Dio compiere qualcosa di bello che gli ha cambiato il volto, quel fratello può dare la fede anche a noi, ci aiuta a credere e ci fa dire: anch’io sono così. Maria vedendo Elisabetta e sentendo che quel bambino che portava nel grembo danza di gioia dice: “Quel Dio in cui ho creduto è proprio Dio” e allora scoppia la festa. L’incontro con Dio e con i fratelli che come noi sono stati toccati dall’amore di Dio, fa scoppiare la festa. Maria è pazza di gioia, Elisabetta non capisce più niente, Giovanni Battista e Gesù fanno le capriole nel grembo delle loro madri. Questo abbraccio fa esplodere l’universo. Dove Dio passa scoppia la gioia, la vita, il Magnificat. Come quel fuoco che è passato a Mosè, a Nazareth, da Elisabetta, da Maria, ventitre anni fa è passato qui, si è acceso nel cuore di Elvira e attraverso di lei sta passando in noi. Anche noi come Mosè, Elisabetta e Maria diciamo a Gesù, quando lo riceviamo nell’Eucaristia: “eccomi!”. Rischiamo con coraggio il cammino faticoso di correre in fretta in montagna, la fretta di amare, la fretta di vivere, la fretta di spendere bene la nostra vita. La Messa di questa sera vuole essere un Magnificat: grandi cose ha fatto qui, in via San Lorenzo 35, l’Onnipotente; il suo braccio qui ha sollevato il povero dall’immondizia, dice un salmo. Dio è sceso e ha raccolto il gioiello più prezioso che aveva al dito: la vita di noi suoi figli. Ci ha raccolti e ci sta ripulendo per farci rigustare la bellezza di essere suoi figli: grandi cose ha fatto qui l’Onnipotente.
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