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Sabato 14

Omelia di P. Stefano  | 

 Sabato mattino - Catechesi di Padre Francesco Peyron
Lode e gloria a Te, Dio della vita!
Vorrei prendere come punto di partenza la parola che è stata scelta della Comunità: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici!” Dare la vita.
 Pensiamo a questo Dio che ha creato l’immensità del cosmo, pensiamo alla bellezza del cielo, del sole, delle piante, gli insetti, questo Dio che, secondo gli studiosi, ha creato più di cento miliardi di galassie. Una galassia è una cosa enorme, noi siamo un puntino in una galassia, e Dio ne ha creati cento miliardi, questo Dio della vita, questo Dio che crea. È interessante perché oggi gli scienziati più attenti, più profondi, un po’ più umili di tanti altri, di fronte a queste meraviglie del creato si stupiscono e dicono: “Qui c’è un architetto, qui c’è Qualcuno”, e noi questo Qualcuno lo chiamiamo Abbà, Padre. Comprendete allora che in questa immensità del creato, che è Dio e dona la vita, Dio ha creato anche la tua vita: tu sei un pezzettino prezioso di vita, di quel Dio della vita, non una pallina staccata, buttata in un mondo a caso, ma una particella dell’amore di quel Dio che ti ha creato e ti ha messo in questo mondo, in questa galassia, in questa terra. Il Dio vivente che ti ama. Allora da questo ne nasce subito una gioiosa conseguenza: “Ma allora la mia vita è preziosa! Non sono proprio un fallito: sono qualcuno amato, messo in un progetto, inserito in una Comunità. Se questa realtà non rimane soltanto nella testa, ma come ha detto tante volte Madre Elvira, fa il “pellegrinaggio dal cervello al cuore”, allora noi comprendiamo la vita come dono, come chiamata, e allora ci impegnamo nella risposta. Questa nostra risposta deve diventare “ECCOMI”.
    Quando incontro dei gruppi di giovani alla Certosa, io chiedo: “Cos’è la vita per te?” Vengono fuori delle risposte interessanti, delle risposte che ci fanno capire come il giovane di oggi è disorientato. L’altro giorno, dei giovani di 18 anni, cioè nel fiore della vita, nella pienezza delle forze, mi hanno detto: “Non lo so, sono in confusione”. Comprendete come noi abbiamo l’urgenza di comunicare che la tua vita è un dono, la tua vita è una chiamata, è un qualcosa di grande. In quest’oggi confuso, disorientato, molte volte senza speranza, senza il senso della vita, in questa inquietudine, in questo odio che sembra crescere fra la gente, nelle cattiverie, nelle malignità che si creano da tutte le parti, bisogna che questo torrente di vita, cioè di un Dio che ci ama, che è speranza, che ci dona la vita, che ci chiama a un’eternità di gloria e di bellezza, sia annunciato, vissuto, e allora diventa come qualcosa che straripa, deborda, e sconfigge l’odio, la confusione, il disorientamento, l’inquietudine, la solitudine.
Madre Teresa di Calcutta diceva che nel nostro occidente uno dei più grandi pesi e povertà è proprio la solitudine. E allora dobbiamo essere il segno del Risorto nel mondo, segno di speranza. Questa è la prima amicizia verso gli altri, verso il mondo, verso la Comunità, verso il creato. Ma non dimentichiamoci che possiamo anche addormentarci.
    San Pietro Canisio, un grande santo, leggendo la Passione di Gesù e vedendo gli apostoli che dormivano, diceva: “Simone dormiva, Giuda era sveglio”. E Gesù diceva: “Simone, dormi?” Chiediamoci se stiamo dormendo. Al posto di Simone metti il tuo nome, e mentre io dico lentamente questa frase, tu chiediti: “Sto dormendo nella mia vita, o la mia vita diventa una comunicazione di amicizia, di speranza, di sorriso, di fede? Non è un giochino, la nostra vita è preziosa, gli anni passano, sei un chiamato, sei una chiamata, a qualsiasi età, ed anche a chi ha superato i cinquanta o sessant’anni non dica: “Io sono in panchina, sono fuori gioco”: ciascuno di noi, fino al momento in cui il Signore ci chiamerà ad incontrarlo dicendoci: “Vieni servo buono, prendi posto nella grande festa di nozze che ho preparato per te”, ciascuno di noi è in un atteggiamento di annuncio. Dobbiamo essere svegli, annunciare il Regno.
   Il grande Papa Benedetto XVI che ha istaurato l’anno della fede, che comincerà ad ottobre, in una lettera scrive: “Ciò di cui il mondo ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente, nel cuore dalla parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore, la mente di tanti, al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine”.
 Quei ragazzi che mi dicevano che sono confusi hanno bisogno di qualcuno che apra loro il cuore, la mente, al desiderio di Dio, all’incontro con la vita vera.
  A volte, con i ragazzini di quinta elementare che vengono alla Certosa, andiamo in una cappellina dove ha vissuto un monaco per tanti anni e facciamo un po’ di adorazione silenziosa, e alla fine chiedo se gli è piaciuto, se si sono addormentati, e loro mi dicono: “Che bello, che bello stare qui in silenzio con Gesù!” E voi mi direte che fate adorazione tutte le notti; che bello, che grazia avete, che dono, e soprattutto da quella adorazione quanta vita ne sgorga! La preghiera è potente. Noi chiediamo di essere capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine. Questo diventa già un annuncio grande per il mondo, per i peccatori, per chi non crede, per chi è nel male, per chi è confuso, triste o si sente solo, per chi è provato dalla malattia.
  Quando ero parroco a Torino ho incontrato due persone, entrambi malate di tumore al fegato, la stessa patologia. Uno è morto poco dopo, invocando il Cuore di Gesù e affidandosi a Lui, col sorriso negli occhi, nonostante la bocca storta per la sofferenza del male. L’altro è morto bestemmiando nell’ira della sua vita che finiva così. È pazzesca questa libertà. Anche quello morto bestemmiando avrà avuto qualcuno che ha pregato per lui, in modo che nell’ultimo momento la misericordia di Dio lo ha avvolto, e avrà detto: “Signore, pietà!”
Questo Dio si presenta come luce, vita, amore; Gesù si presenta come sposo,come Salvatore, fratello.
Nel profeta Osea, capitolo II, Dio dice: “Perciò, ecco Io l’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore; ti farò mia sposa per sempre”. Un Dio che sposa la sua Chiesa, che sposa l’anima di ciascuno di noi. Ha un bel coraggio, eh! “Ti farò mia sposa”: e qui non si tratta di femminile o maschile, è Dio che sposa l’anima, che sposa quel segno di vita che c’è dentro di te, che è la “ruah”; è lo Spirito che sposa la sua Chiesa, che sposa l’umanità. Gesù dice: “Non temere, coraggio, sono io, non abbiate paura!”. Un giorno san Paolo viene arrestato, portato in carcere, incatenato, tutti lo lasciano e lui scrive nella sua lettera: “Tutti mi hanno lasciato”. E di notte viene Gesù, gli appare: “Coraggio, non temere, io sono con te!”. Che bello! L’amico all’amico in catene.
Io vorrei che questo: “Coraggio, non temere, io sono con te” entrasse così forte oggi nel tuo cuore, che tu comprendessi che la pace, la luce, la speranza, la gioia, il senso della vita, partono da quell’amicizia con quel Gesù che ti ama. Questo cuore di Gesù, che non è romanticismo, ma viene presentato nel Vangelo di Giovanni trafitto dalla lancia di Longino, che si apre e dà sangue e acqua, cioè vita, purificazione, perdono, amicizia, tenerezza. Mai forse come in questo secolo attraverso diversi santi -  e ricordo suor Faustina Kowalska, santa Teresa di Lisieux, la Menendez spagnola, Padre Pio e tanti altri - il Signore parla e dice a questi santi e queste sante la tenerezza del suo cuore per noi. Se noi ci aprissimo di più a comprendere la profondità di questo amore, di un Dio che soffre per te, che soffre quando tu ti allontani, quando noi andiamo nel male, quando noi diventiamo indifferenti, oppure tiepidi, che è la cosa peggiore. “Non sei nè caldo nè freddo ma sei tiepido, sto per vomitarti dalla mia bocca”, dice l’Apocalisse. Vorrei che la giornata di oggi ci aprisse il cuore a comprendere che quel Gesù ha un amore grande, forte, misericordioso sempre, anche quando io, tu, noi ci allontaniamo, non lo guardiamo, ci lasciamo prendere dalle idolatrie. Risuona sempre la parola: “Ritornate a me con tutto il cuore”. Il Beato Giovanni Paolo II diceva: “Questo, l’oggi, è il tempo della misericordia”.
Vorrei farti una domanda, a ciascuno di noi qui presente: in verità, tu hai già aperto completamente il tuo cuore a Gesù? Hai già confidato anche le tue miserie, i tuoi peccati, le tue fragilità? Hai già fatto esperienza - anche se non in maniera sensibile, non ha importanza - è nella fede che conta, di questo Gesù che ti ama? Hai detto: “Eccomi, Signore, vengo!”, e spiritualmente l’hai abbracciato e ti sei lasciato abbracciare da lui? Qui non stiamo parlando di cose romantiche e sentimentali, anche se il sentimento ha il suo valore perché è creato da Dio, ma di quella fede forte, viva, che ti dice: “Grazie, Gesù, che sei con me!”. E Gesù vuole rotolare via le pietre dal tuo sepolcro, quelle pietre che nel Vangelo di Marco e negli altri Vangeli troviamo rotolate via dall’Angelo e che le donne dicono: “Chi ci rotolerà via la pietra?”. Hai delle pietre nella tua vita, nel cuore, hai qualche blocco, c’è qualcosa che ti pesa, hai delle ferite, hai delle spine, la vita ti ha dato qualche sofferenza, in questo momento la porti dentro e non la dici a nessuno, hai un bel sorriso a cinquanta denti, però dentro il cuore percepisci... Se è così, quando don Massimo passerà con il Signore Gesù, aprigli il cuore. Un giorno Gesù disse a Santa Faustina Kowalska: “Non mi hai ancora dato tutto!” E quella poveraccia dice: “Ti ho dato la vita, cerco di darti l’obbedienza, Signore, cosa devo ancora darti?” “Non mi hai ancora dato i tuoi peccati!”. Guardate che Gesù è forte! Diamogli le nostre miserie, le nostre povertà, compromessi, orgoglietti, sensualità, ricerca di noi stessi. Diciamo a Gesù: “Ecco il regalo che ti faccio oggi. Liberami! Guariscimi!”. Il Signore Gesù manifesterà la sua potenza, su di noi scenderà e passerà con questa potenza di vita, perchè Lui è la vita. Dio è vita, luce, amore, dice Giovanni. Gesù è vita, l’ha detto lui stesso: “Io sono la Vita”. Chiediamo che scenda questa potenza, chiediamo che si manifesti.

 “Ecco, sto alla porta e busso. Se mi apri, verrò, parlerò al tuo cuore, cenerò con te”, dice Gesù nell’Apocalisse. Mentre pregavamo questo canto mi sembrava di vedere la Madonna che sorrideva vedendo una moltitudine così che invocava suo Figlio, che credeva nella potenza del sangue di Gesù versato sulla Croce, nella potenza della sua risurrezione. Io credo che la gioia più grande di Gesù e della Madonna siano quella di vedere che può perdonare, può farci ritornare al Padre, può suscitare nella nostra vita quel sogno di Dio di vederci veramente disponibili, pronti all’annuncio, innamorati di Lui. Allora diamo questa gioia al Signore.
Da questo incontro autentico con Gesù nasce l’apertura agli altri. Capisco di essere amato, comprendo che Gesù mi perdona, comprendo che Gesù mi accoglie sempre con amore, mi benedice, non mi giudica. E allora come posso io giudicare il fratello, come posso io diventare duro, cattivo? Gesù, tu mi chiedi l’amicizia, il dono, il perdono, l’andare oltre, l’accogliere, la riconciliazione.
C’è una missionaria che si chiama suor Irene Stefani che è morta un po’ di anni fa in Kenya, di cui c’è la causa di beatificazione; oggi è già venerabile. Sono state riconosciute le sue virtù e presto penso sarà dichiarata beata. Diceva questo: “Tutta per Gesù, tutta per gli altri, niente per me stessa”. E moriva in giovane età in Kenya consumata dalla malattia che si era presa curando gli infermi. “Tutta per Gesù, tutta per gli altri, niente per me stessa”. Chiediamo alla Madonna questo dono di apertura, che ci faccia comprendere veramente che la nostra amicizia, che nasce poco alla volta dalla nostra vittoria sul nostro egoismo, sulla nostra possessività, sulla nostra sensualità, sul nostro menefreghismo, diventi dono.
Ho raccolto qualche frase da alcuni di voi, ho chiesto come in un’intervista: “Ma cos’è l’amicizia per te in Comunità?” a persone che avevano già un po’ di anni di Comunità. Vi leggo quello che hanno detto:

- L’amico ti dice la verità, anche soffrendo nel dirtela o sapendo di farti soffrire.
- L’amico non ti dà la “spalla” nel male e ti fa camminare con le tue gambe.
- L’amicizia è vera quando ti senti accolto, voluto bene.
- Iniziare un’amicizia è la prima forma di vincere l’egoismo, uscire da te stesso.
- Ho capito che l’amicizia è uscire da se stessi, è una missionarietà.
- Le persone amiche non sono quelle con cui parlo chissà quanto, ma quelle che sono uscite da se stesse per me.
- Preghiera, aiuto, richiamo: tipo “l’angelo custode”.
- Ho nel cuore il bene ricevuto e non dimentico queste amiche, anche se lontane.
- Il cuore amico coglie le necessità dell’altro, le previene. La Comunità mi ha insegnato questo.

Quanto scoprire questa amicizia che fa verità, che dimentica se stessa, che vince l’egoismo, che diventa richiamo, preghiera per l’altro o per l’altra, che diventa anche sofferenza, che diventa accoglienza, farti sentire voluto bene, quanto servirà a ciascuno di noi nella vita! Voi che siete giovani nella vita, domani se diventi sposo o sposa, quanto ti servirà con la moglie o col marito, coi figli, con la suocera! È un training che veramente ti forma, ti dona la vita, ti apre, ti fa camminare come creatura nuova.
Allora possiamo coniugare quell’incontro che dicevamo prima con il Signore Gesù, quell’incontro di quel cuore che ti ama, e chiedere alla Madonna che ci faccia scoprire questo Gesù che ci ama sempre, anche quando fossimo nell’aridità, nella non voglia, anche quando fossimo “a borse”. Prima di “fare le borse” vai lì di fronte a Gesù: “Gesù, faccio bene a fare le borse?”. No!
Non sono illusioni, non sono fantasie. Un giorno quando arriveremo lassù credo che di due cose ci pentiremo, solo di due: di non aver capito abbastanza questo amore di fuoco, e di non aver amato abbastanza. Ma dato che siamo in tempo, cerchiamo di non pentirci quando arriveremo lassù! È da furbi.
Un’altra forma di amicizia che vorrei ancora sottolineare è l’amicizia con te stesso e con te stessa. Quante volte vi sentite dire in Comunità che bisogna volersi bene. Il passato è passato, se ti sei pentito sei nuovo; ciò che dà più gioia al cuore di Gesù è il pentimento, il ritorno a lui con tutto il cuore. Non lasciarti scoraggiare dal male del passato: il male fa male, ma il male non vince, Gesù è più forte. Ecco, consideriamoci amati dal Signore, dalla Madonna. Hai una missione grande, che non vuol dire solo “chi va in missione”. Chi va in missione molto bene, ma c’è una missione sempre, la vita è sempre aperta a una missione, un dono agli altri. Non lasciarti imbacuccare dal pessimismo, dallo scoraggiamento, dalla mancanza di speranza, dal “tanto non serve a niente, ho già provato mille volte, gliel’ho già detto, basta!”. No, diciamo solo basta al peccato ma mai al riprovare, ricominciare, ritentare.
E non lasciamo inquinare l’amicizia da possessività, da gelosia, da attaccamento non pulito, da interesse, dal male. Non dimentichiamo che approfondire l’amicizia, sia con Gesù e poi, come conseguenza logica, con gli altri, richiede sacrificio: va sudata, l’amicizia. Proprio per non cadere nel ripiego, nella possessività.
 Mi ricordo una volta l’esempio di una di voi che mi ha detto questo, l’ho trovato così bello anche se è un episodio così piccolo, però dice molte cose: “Mi avevano dato il silenzio per una settimana. Mi trovavo nell’orto in silenzio già da un po’, non ne potevo più di questo silenzio, tutto dentro mi si rimestava. A un certo punto viene vicino a me un’altra sorella, non dice niente rispettando il silenzio ma si mette a raccogliere le carote insieme a me e sta un bel po’ con me così. Quale conforto mi ha dato questo! Sentire vicino una persona che capiva la fatica del mio silenzio”. Piccoli gesti ma grandi gesti!
E non dimentichiamo anche le nostre fragilità, sappiamo anche scusare le fragilità nostre e degli altri. Vi racconto un piccolo episodio da ridere, ma vero. Un giorno sono andato in una fraternità a celebrare la Messa. Alla fine confesso un po’, poi ritornando a casa mi sono accorto che in macchina vedevo poco. Avevo dimenticato gli occhiali in comunità. L’indomani questa fraternità doveva venire a fare una giornata di preghiera, di incontro e, arrivato a casa, telefono. Combinazione: risponde una ragazza di lingua inglese e io le spiego la cosa e dico: “Portami gli occhiali domani”. “Absolutely, Father! Assolutamente, Padre!”. Poi alla fine della telefonata, forse non mi sono fidato ma ho detto: “Allora, mi raccomando gli occhiali, I need it!” “Absolutely, Father!” Il giorno dopo arrivano, vedo questa ragazza e le chiedo: “Ah, mi hai portato gli occhiali?”, “Mi sono dimenticata!” Io adesso la chiamo “absolutely!”. Queste sono fragilità normali nel nostro cammino di vita.
Una volta un impiegato di banca che aveva incontrato il Cuore misericordioso di Gesù si chiedeva: “Come faccio a far passare Gesù attraverso lo sportello della Banca?”Allora ha incominciato a sorridere: arrivava uno preoccupato, affannato, non sapeva scrivere, glielo scriveva, gli dava la penna, faceva un sacco di gesti di gentilezza. Sono capitate due cose: primo, che agli altri sportelli c’era meno gente e lui aveva sempre una fila lunghissima e questo faceva piacere agli altri, ma forse anche a lui; secondo, che una volta viene una vecchietta e dice: “Senta, le ho portato due uova”, un altro: “Grazie perché mi aiuta, le ho portato una scatola di cioccolatini”. Capite? Era passato il Signore attraverso quel sorriso, quei gesti di attenzione, quell’intuire la necessità del fratello, della sorella.
Vorrei concludere non così come il pensierino finale che in genere si può mettere, ma proprio come rivelazione della Scrittura alla Vergine Maria, colei che ci è data per Madre, colei che, credo, salverà e sta salvando l’umanità in questo terzo millennio. “Donna, ecco tuo figlio! Figlio, ecco tua Madre!”. Vorrei chiedere proprio alla Madonna questa grazia per ciascuno di noi. Vorrei chiederti, o Vergine Maria, che ciascuno di noi oggi anche poi con l’adorazione, con l’Eucaristia che verrà celebrata, con quanto ci dirà il celebrante, possiamo veramente capire di più questo amore di Gesù per noi, questa amicizia e quindi il nostro cuore venga consolato, si rappacifichi, si apra, cresca nella gioia, nella serenità e allora dal profondo del cuore venga sulle labbra il sorriso, venga negli occhi l’attenzione agli altri, ci liberi dai nostri ripieghi.
O Vergine Maria, illumina, guidaci, correggici, portaci  a Gesù, facci comprendere questo dono immenso di questo cuore che ama e rendici capaci di comunicare speranza, pace, gioia. Alleluia!

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