ItalianoHrvatskiEnglishFrançaisDeutchEspañolPortuguesePo PolskuSlovakia     

 

Martina e Andrea

MARTINA


Questa sera mi sento veramente amata da Dio e fortunata di poter essere qui a testimoniare, come famiglia in Comunità, il dono della Risurrezione vera nella nostra vita. Credo che il momento più bello che ho vissuto in Comunità sia stato quando ho ricominciato a sentire un risveglio del mio cuore, un risveglio nelle emozioni, nei sentimenti, in tutto quello che la vita passata aveva spento completamente. Sono arrivata in Comunità con tanta rabbia, tanta indifferenza, tanta presunzione di avere la mia vita in mano e di poter giocare ancora con la mia vita, poter decidere di quello che farò oggi e domani. Il Signore ha avuto la sapienza di farmi capire piano piano quanto la mia vita è molto più sicura e felice in mano sua. Arrivo anche io da un passato di tossicodipendenza, e quello è proprio il punto finale della mia storia, perché penso che tutto sia partito da un non senso della vita, da un grande vuoto che mi portavo nel cuore fin da piccolina. C’è stato un punto della mia adolescenza in cui ho preso coscienza che c’era qualcosa che mi mancava di più profondo nella vita: mi mancava la risposta a tante domande che avevo nel cuore, mi mancava la capacità di perdonare, e ho cominciato a cercare nell’indifferenza, in tante maschere, in tanta superficialità, nella moda - ho lavorato nella moda, in tanti settori - ma non ho mai trovato una risposta a quello che stavo cercando. E penso che come donna purtroppo fuori abbiamo tante possibilità di perderci, credo che la donna sia il punto più fragile della società, come può essere il punto più forte della vita e dell’amore. Non finirò mai tutta la vita di ringraziare la Comunità e Madre Elvira per avermi fatto riscoprire il senso della donna prima di tutto, perché penso che se oggi ho scelto di essere sposa e di essere madre è perché ho riscoperto la dignità di ciò che è una donna: non un oggetto, non una bambola, non una ragazzina, ma veramente una donna e con tutte le mie povertà e fragilità è un cammino che voglio continuare, con l’aiuto anche del mio sposo e con l’aiuto della Comunità. Ogni volta che mi sento donna, ogni volta che sento la bellezza di saper servire, di saper perdonare, di saper soffrire per qualcuno, di stare vicina a qualcuno, di essere amica, mi sento ripagata di tutti gli anni che ho buttato via nel non senso della vita. Ringrazio il Signore perché ho visto che, come ha richiamato me alla vita, ha richiamato anche la mia famiglia, e penso che insieme al mio cammino sia stato fondamentale il cammino della mia famiglia: vedere la loro Risurrezione ha dato tanta forza anche alla mia Risurrezione. Oggi tante volte mi trovo a fare i colloqui alle ragazze e alle volte sembra di essere un po’ lontana da loro perché ti vedono che stai bene, sei vestita bene, felice, ti guardano e sembra che tu non abbia passato tutto quel Getsemani che hai vissuto, tutta quella Settimana santa prima della Risurrezione, ma tu sai, e tante volte vivendola insieme a loro ti accorgi di quanto sia bella la vita e di quanto sia importante ridonarla nelle piccole cose quotidiane.

 

ANDREA


 Buonasera a tutti! Sono qui con mia moglie oggi, grazie a Dio e grazie alla Comunità sono marito, sono sposo. Penso che, come diceva don Stefano, è stato molto importante, prima di diventare sposo e nel desiderio di diventare padre, essere diventato figlio in Comunità. Con tutto l’amore dei miei genitori e della mia famiglia che mi ha fatto sentire figlio, sono consapevole adesso, alla luce del cammino della Comunità, che quell’amore non mi bastava: per tanto bene che ho sentito dalla famiglia, c’era una parte di me che non capivo a chi appartenesse, non capivo a chi io appartenevo. Sentivo di avere una famiglia, ma che c’era qualcosa della vita che non stavo vivendo e che non stavo scoprendo, e sentivo che era in fondo la parte più importante perché non ero mai felice. Sono stato tossicodipendente per tanti anni, ma non mi sono mai sentito di dire nella verità, dopo il cammino in Comunità, di avere cominciato a fumare le canne per farmi vedere, o per provare, o per imitare qualcuno. Ho sempre sentito che in quel momento non avevo più niente da perdere, che anche se fossi andato a finire nella droga - perché sentivo dire da tutti che lo spinello porta all’eroina e l’eroina porta alla morte e ci credevo - sentivo dentro di me che peggio di così non poteva andare. Non riuscivo a dare un valore, un senso, un’appartenenza alla mia vita. Quell’amore che non riuscivo a trovare, quell’amore che mi mancava, è stato quello che mi ha fatto arrivare alla droga, ma è stato anche quello che mi ha fatto non finire nella droga, non morire nella droga. In fondo non ho creduto neanche alla droga, grazie a Dio, se no non sarei qui. L’entrata in Comunità è arrivata in un momento umanamente strano: dopo 10 anni di tossicodipendenza ho avuto tanti momenti in cui sarebbe stato molto più probabile il mio ingresso in Comunità, perché non avevo soldi, ero in mezzo alla strada, dovevo fare casini, avevo problemi con la polizia… Invece l’ingresso in Comunità è arrivato in un momento in cui mi drogavo ma avevo soldi, avevo la macchina, avevo la famiglia convinta che stessi bene; però forse proprio nel momento in cui avevo tutto, ho scoperto che in quel tutto non c’era niente ed è entrata la disperazione. Vedevo la falsità della mia vita, in mezzo a tutti quei soldi, quegli amici falsi - comunque per me gente che mi stimava - avevo tante cose intorno a me, ma mi sono ritrovato infelice con tutto quello, in un attimo di lucidità, grazie a Dio che mi ha fatto dire: “Ma cosa altro posso cercare adesso? Ho provato tutto, ho fatto tutte le strade, tutto quello che volevo l’ho ottenuto, e non ho trovato niente.” E così ho conosciuto la Comunità tramite una persona. Dal primo colloquio ho sentito che forse la risposta all’amore che cercavo, al mio desiderio di sentire di appartenere a qualcosa di importante era lì dentro, e poi ho scoperto che quel qualcosa era Qualcuno, era Dio, era la preghiera. In questo cammino ho incontrato mia moglie. So che io non posso dare a lei tutto l’amore che le serve e lei non può darlo a me, e sappiamo che come ci siamo conosciuti, come ci siamo fidanzati - siamo stati seguiti dalla Comunità nel fidanzamento, in un fidanzamento che giustamente ci ha messo alla prova, prima personalmente e anche come coppia – così da sposi, adesso, sentiamo che siamo ancora figli. Se non ci sentiamo prima figli di quell’Amore e riconosciamo di aver bisogno di quel Dio che è Padre e ci sostiene, umanamente il nostro amore è povero, è tutto quello che io riesco a dare a mia moglie, ma so che non le può bastare. E quindi oggi il cuore in pace l’ho nel Signore anche con lei, come l’ho avuto prima di conoscere lei, e anche per la mia famiglia; sapere che in fondo loro grazie alla Comunità si sono convertiti, grazie alla Comunità hanno cominciato a pregare è stato bello. Era bello andare a casa e pregare con loro, ma era ancora più bello tornare in Comunità e sapere che loro stavano pregando, che con le loro difficoltà come tutti, avevano e hanno il cuore in Dio; questo mi ha dato pace ed è la stessa pace che oggi vivo nella nostra famiglia.

(da una testimonianza a Radio Maria)


 

 

Stampa questa paginaStampa questa pagina