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Padre Stefano

Quello che abbiamo ascoltato dalle parole del Cardinale è proprio vero, è la nostra storia.
In fondo se noi, ragazzi e ragazze della Comunità, pensiamo a quanto abbiamo cercato… Quella parola “Chi cercate? Cosa cercate?” è proprio rivolta a noi.
Ricordo che Madre Elvira all’inizio della Comunità diceva sempre che chi cade più in basso nella vita, è perché cerca una verità più vera, solo che la cerca sulla strada sbagliata.
In fondo abbiamo cercato tutti, tanto. E il fatto che siamo caduti in basso, nella droga, nel male, in tanti sbagli della vita, in tanti inganni del maligno, è proprio perché c’era dentro sete, fame.
Cercavamo una casa, cercavamo un luogo dove finalmente la nostra vita potesse trovare pace, perdono, gioia vera, piena, sincera, forza per portare le sofferenze della vita.
Tutti abbiamo cercato, ma oggi con tanta gioia possiamo dire: “Abbiamo trovato, abbiamo trovato!”. In questo luogo, nel Cenacolo, abbiamo trovato un amore più forte delle nostre fragilità passate e presenti. Abbiamo trovato un amore che continua a dire: “credo in te” anche quando il nostro credo in Lui vacilla, barcolla, come è successo a Pietro.
Quando il Cardinale parlava dell’ “Ultima Cena” di Michelangelo, mi è venuta in mente la nostra cappella di Vrbovec, in Croazia, dove Madre Elvira ha fatto dipingere quel quadro dalle mani di un ragazzo ungherese che era a quel tempo in Comunità. Lui ha posto il tabernacolo nelle mani di Gesù, nel calice e quando Elvira l’ha vista la prima volta, con tutti i ragazzi intorno, mi ricordo che si è fermata a contemplare quest’immagine e ha colto in essa proprio il momento in cui Gesù dice “Qualcuno di voi mi tradirà”. Lei ci ha chiesto: “Provate a trovare Giuda” e in quell’immagine non riesci a capire chi è perché vedi tutti gli apostoli che guardano Gesù con quella domanda “Sono forse io?”, poi Madre Elvira si è girata verso di noi e ha detto “Purtroppo tutti noi possiamo essere Giuda”.
È la possibilità triste della nostra libertà, ma in Dio c’è anche l’altra strada, quella di Pietro, il poter consegnare il nostro peccato; Pietro che piange, fragile, povero e chiede a Maria, come abbiamo visto nel Recital ieri sera, “Perdonami”.
Ricordo che quando abbiamo fatto il “CREDO” in una parrocchia, il sacerdote poi ha detto “Che bello è stato vedere Pietro, proprio lui, ritornare tra le braccia di  Maria, la Chiesa, che lo abbraccia, che lo riaccoglie”.
Che fortuna, che dono, che privilegio che abbiamo avuto noi, noi che cercavamo e abbiamo sbagliato strada, ad essere stati accolti da una Madre che per noi è Elvira, ma che è molto di più, è il Cuore di Dio, è la Chiesa che ci ha abbracciati, che si china su di noi, che ci dice “Io credo in te”.
Che bello anche che la Comunità ci abbia accolti non solo come dei poveri bastonati dal male a cui fai un po’ di carità; in fondo noi cercavamo di più e siamo stati accolti come persone capaci di lottare e riconquistare con Dio la propria libertà.
Quanta gente nelle strade, nelle piazze dove eravamo ci ha dato qualcosa, una monetina, un gesto di carità, un sorriso, un panino, ci ha dato anche delle cose belle, dei gesti di amore, ma non sono bastati a farci cambiare la vita. La vita cerca Qualcuno, cerca Dio, cerca il Cuore di Dio.
Tanti anni fa mi è successo un fatto che mi aveva colpito tanto: sono andato con una delle nostre coppie della Comunità, che a quel tempo erano in Messico, per strada. Loro ci andavano di notte a portare un po’ di latte, un po’ di pane ai bambini che hanno come famiglia e come casa i marciapiedi, le strade, che vivono sotto i ponti.
Quando siamo arrivati, ad un certo punto questa banda di bambini hanno riconosciuto la sposa, e ci sono corsi incontro. Un bambino è venuto e mi ha abbracciato forte, forte, forte. Sono rimasto quasi imbarazzato perché non mi mollava più; mi teneva forte e ha appoggiato il suo capo, il suo orecchio, il suo volto, qui sul mio petto, sul mio cuore e lo teneva stretto. Aveva più fame d’amore che fame di pane, aveva più fame di abbraccio, di bontà, di vedere che la sua vita era amata, che aveva la dignità di qualcuno che ti abbraccia e ti dice “La tua vita vale”. Ma la cosa che mi ha colpito di più, è che tornando a casa sull’aereo ho sfogliato una rivista e c’era un articolo medico e leggendolo ho fatto una scoperta semplice, ma che mi ha riempito tanto il cuore.
Avevo sempre pensato che quando un bambino nasce cerca il seno della mamma perché cerca il latte, perché cerca il nutrimento, invece lì c’era scritto che il bambino, quando si appoggia sul seno della mamma, cerca il cuore, cerca il battito del cuore. Il bambino nel grembo della mamma, ha sentito per nove mesi un cuore battere, sin dal primo momento, un cuore che ha accompagnato quella vita e quando nasce non lo sente più, non sente più il cuore della mamma e quindi lo cerca.
Il bambino cerca quel cuore ed è rassicurato solo quando lo ritrova, quando rimette il capo sul seno della mamma, ancor prima di imparare a nutrirsi, gli ridà un’immensa sicurezza aver ritrovato quel cuore.
Quel bambino che aveva messo il capo sul mio petto, mi ha fatto venire in mente che tutti cerchiamo il cuore di Dio e finché non ritroviamo quel cuore che abbiamo sentito battere quando la nostra vita è nata, siamo dei randagi, siamo dei fuggiaschi, siamo della gente che cerca, che mendica qua e là perché in realtà sta cercando il battito del Cuore di Dio.
Che bello avere questa certezza: Dio ci ha lasciato il Suo Cuore che è l’Eucaristia.
Una cosa che mi ha sempre stupito è che i miracoli eucaristici che sono avvenuti nella storia della Chiesa, quando li hanno studiati, hanno visto che erano un pezzo di cuore. Vuol dire che l’Eucaristia è questo Cuore, se ci appoggiamo lì troviamo pace, non siamo più dei randagi.
Quante volte noi ragazzi e ragazze della Comunità, nel cuore della notte, nell’adorazione, andiamo ad appoggiare la nostra vita su quel Cuore; lì ritroviamo pace, ristoro, fiducia, ritroviamo la sicurezza che la nostra vita è amata, ritroviamo  la serenità che c’è un Amore più forte dei nostri tradimenti.
Appoggiamo il nostro cuore, il nostro volto, la nostra vita, la nostra storia sul Cuore di Cristo, sulla Casa del Padre che è il  Cuore di Cristo squarciato sulla croce che ci dice “Venite, la porta è aperta per tutti, c’è posto per tutti nella Casa del Padre Mio”. Il Signore ci desidera tutti lì, allora torniamo a casa per poi poter dire a tutti “L’abbiamo incontrato!”. “Che cosa cercate, chi cercate?” “L’abbiamo trovato”! E quando la vita che cercava, trova, poi annuncia. 

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