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Storia

Fraternità “Our Lady of Hope” – St.Augustine (FL) 1993 
Per la prima volta la Comunità Cenacolo va oltre i confini dell’Europa. E’ per noi una grande avventura e allo stesso tempo una speranza viva perché la Madonna, attraverso di noi, possa operare i suoi progetti proprio alla “Nostra Signora della Speranza” (Our Lady of Hope) viene dedicata la nuova fraternità, inaugurata il 14 giugno 1993.

La decisione di aprire una nuova fraternità negli Stati Uniti, in Florida, è venuta solo in seguito ad un periodo di otto mesi trascorsi là da un paio dei nostri ragazzi, per “esplorare” la possibilità concreta di una Comunità in quella terra. Di certo il primo artefice di quest’opera, dopo lo Spirito Santo, è stato l’oggi Vescovo Robert Baker, ai tempi parroco della cattedrale di St. Augustine. Dopo un anno sabbatico trascorso in Italia, alla ricerca anche di idee e strutture capaci di aiutare i tossicodipendenti, gli alcolizzati e i senza casa, è rimasto affascinato dalla nostra Comunità e, incontrando suor Elvira, ha promesso di fare in modo che potessimo aprire una fraternità in America. Poco dopo padre Baker, con l’aiuto della San Vincenzo locale, è riuscito a trovare un terreno dove poter iniziare la nostra casa. E’ stata una tappa importante per la nostra Comunità perché ha dato inizio alla missionarietà anche al di là dei confini dell’Europa. e missioni non sono solo necessarie nei paesi poveri, cosiddetti del terzo mondo, ma sono necessarie anche nei paesi super industrializzati. Lì non si muore della fame fisica, ma tanta gente è morta nel cuore, è sfiduciata, disperata. La partenza è stata molto emozionante: pieni di bagagli, alcuni di noi non erano mai stati su un aereo e dover fare il primo viaggio fino in America sembrava un sogno. Arrivammo molto tardi nella notte, ed il primo incontro è stato con padre Baker, venuto personalmente ad accoglierci in aeroporto con altri amici della Comunità. La prima difficoltà è stata la lingua: alcuni di noi non conoscevano una parola d’inglese, e quelli che pensavano di conoscerlo, presti si sono resi conto che l’inglese  parlato dagli americani era molto diverso da quello studiato.  Il luogo scelto per la Comunità da subito si è presentato molto bello, con tanta foresta, tanto verde, un piccolo lago con dentro un alligatore, diventato famoso nei nostri racconti; due roulottes giganti, qui chiamate “Mobilhome”, una piccola chiesetta e la casa principale  in costruzione ormai quasi al tetto.  Ci siamo subito messi al lavoro dividendoci i compiti e decidendo insieme da dove iniziare: chi a pulire la foresta, altri ad aiutare nella costruzione della casa... Di certo era un’avventura affascinante ed eravamo tutti molto motivati ed entusiasti. Il primo “conflitto” è stato lo scontro tra le diverse mentalità, e fino a quando non ci siamo aperti e sforzati di capire il comportamento degli americani, è stato duro vivere insieme. Anche in cucina è stata una bella avventura. All’inizio è andata bene perché avevamo riempito i nostri bagagli con pasta e vari tipi di formaggio, che ci avevano gentilmente donato prima di partire per la nostra “spedizione”. Siamo andati avanti per un po’ con una cucina all’italiana al cento per cento, ma le scorte sono finite presto e ci siamo così trovati ad usare “scatolette” nelle quali non capivamo neanche cosa c’era. E’ stato molto difficile far capire agli americani il vivere di Provvidenza, il fidarsi ciecamente e completamente del Signore. Qui, dove  tutto è molto ben organizzato e programmato, per i nostri amici sarebbe stato molto più facile darci dei soldi per andare a comprare ciò di cui avevamo bisogno. E’ stato difficile ma eravamo molto determinati e convinti, senza paura e fiduciosi in Dio. Poco a poco la gente della città vicina di St. Augustine, che padre Baker portava a casa nostra, ha iniziato a portarci qualcosa e così sono cominciate le prime amicizie. Dopo appena due settimane è entrato il primo ragazzo americano, si chiamava Gary e arrivava dalla Pensilvenya. E` stato l’inizio vero della nostra missione. Eravamo venuti qui come missionari con lo scopo di aiutare gli americani senza casa, che vivevano per le strade, e ragazzi con problemi di droga e alcool. Quello che volevamo offrire loro era la nostra esperienza, l’amicizia, la nostra fede, “con Dio la nostra vita può cambiare, noi eravamo come te”. Il tutto sembrava facile dirlo, ma molto più difficile è stato viverlo, soprattutto all’inizio.  E’ stata dura portare avanti le nostre “regole comunitarie”. I ragazzi non riuscivano a capire perché non bevevamo Coca Cola a pranzo, non mangiavamo hamburger tutti i giorni, facevamo dei sacrifici. A volte sembrava di andare contro corrente, e sono anche cominciate le prime delusioni: ragazzi che venivano, rimanevano pochi giorni e se ne andavano. Ci guardavamo e ci chiedevamo spesso dove stavamo sbagliando. Anche nella fede abbiamo incontrato delle difficoltà; abbiamo accolto ragazzi che entravano ed appartenevano a chiese diverse: battisti, episcopali, presbiteriani. ino ad allora per noi esisteva solo la chiesa cattolica, ma anche questo confronto è stato un dono per riscoprire la grande ricchezza della nostra fede e della nostra appartenenza ecclesiale. A poco a poco anche la gente vicina e di St. Augustine ha iniziato a vedere e capire chi eravamo, grazie ad un incontro di preghiera che facevamo al giovedì sera nella nostra fraternità. Era sempre un’occasione per fare un momento di testimonianza e dare la possibilità a gente nuova di conoscerci. Dopo alcuni mesi siamo riusciti a finire la costruzione della nuova casa e così ci siamo spostati. bbiamo deciso di chiamarla Farm “Our Lady of Hope” (fattoria “Nostra Signora della Speranza”). Ora a distanza di sette anni dall’apertura, possiamo dire che tutto è stato una benedizione di Dio. Tanti ragazzi sono entrati, e anche se alcuni di loro sono andati via, di certo possono dire di aver visto la luce. Anche tante famiglie grazie al cammino dei propri figli, stanno trovando la serenità e la fede. La “farm” oggi è completamente trasformata con fiori, piante e palme, tutto verde, insomma un piccolo paradiso, ma ciò che più conta è la pace che si respira in questo luogo, dove tanti ragazzi di varie nazionalità e culture, lottano insieme per ritrovare la gioia di vivere. Vogliamo in primo luogo ringraziare suor Elvira per il suo coraggio, il Vescovo Baker per la fiducia ed il rispetto che ha sempre avuto verso la nostra Comunità.  Un altro grazie grande lo vogliamo dire con tutto il nostro cuore a Gilberto, ora in Paradiso, che con la sua allegria, il suo ottimismo, il suo entusiasmo..., e la sua chitarra, negli anni trascorsi qui, ha lasciato un segno profondo in tutti coloro che lo hanno incontrato. Desideriamo continuare ad essere una “piccola luce” per illuminare questa nazione che apparentemente ha tutto, ma che ha veramente tanto bisogno di Dio.   

                                                                                    (dalla rivista Risurrezione - Giugno 2001)

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