ItalianoHrvatskiEnglishFrançaisDeutchEspañolPortuguesePo PolskuSlovakia     

 

Un oceano di misericordia

Madre Elvira qualche mese fa è stata invitata a Roma a testimoniare ad un convegno sulla misericordia perché credo che la nostra Comunità ha questa luce da annunciare: siamo qui per la misericordia di Dio, se siamo in piedi, se siamo vivi e se abbiamo gli occhi che sorridono, se i ragazzi ballano e se voi famiglie siete capaci di fare trenta ore di viaggio per arrivare qui da tanti paesi diversi con tanti sacrifici è perché c’è una misericordia che ci attira, c’è qualcosa che ci ha raggiunti e ci porta qui su questa collina dove c’è il cuore di Dio che si squarcia e dal quale esce la misericordia. Madre Elvira in quella testimonianza ha detto una cosa che in tanti anni non l’avevo mai sentita dire e per questo mi ha colpito. Raccontava di quando qualche figlio o figlia vanno a casa in verifica dai genitori, e lì vivono ancora tante ferite, tante “scodinzolate di satana”, tanti flagelli come quelli che hanno dato ieri sulla schiena di Gesù. Il male va nelle famiglie, i genitori frustano i figli a volte, con la loro vita che tradisce le attese dei giovani. Noi figli frustiamo il dorso, la vita, il cuore di voi genitori che vi attendete la gratitudine, mentre noi sbattiamo la porta di casa; voi vi aspettate che comprendiamo tutti i vostri sacrifici e noi sperperiamo tutto: quante volte il male è proprio lì, nelle mura di casa che scarnifica, fa male, ci umilia, ci mette a nudo, però in quella nudità entra Dio, che ci mette una speranza chinandosi su di noi. Madre Elvira a Roma parlava ad una ragazza a cui ha dato questo impegno: “Quando vai a casa corri incontro a tuo padre, abbraccialo e conta fino a sette; stai lì abbracciata a tuo padre, così permetti a tuo padre di sentirsi padre”. Il figlio che torna a casa e si butta al collo del padre permette al padre di sentirsi padre: permettiamo oggi a Dio di fare il Padre. Lui lo è e desidera esserlo profondamente, ha questo unico desiderio. Sapete non è mica un bisogno di Dio che noi siamo veri nella confessione. Noi possiamo anche andare a rubare il perdono come quell’uomo che nella parabola si è messo a piangere “…Signore, abbi pazienza con me”; il padrone gli ha detto “Va”, però cinque minuti dopo lui ha preso per il collo un altro. Possiamo rubare il perdono, ma sentire la misericordia è più profondo e allora non abbiamo paura! Dio la nostra natura ferita la conosce già, è stata la sua, lo abbiamo visto ieri, sulla croce, flagellato, umiliato, calpestato, denudato, come noi… eppure risorto, quando quella pietra ieri è venuta giù, penso tutti abbiamo detto “Che bello!”. E quando gli angeli l’hanno srotolata ed è uscito il Risorto con i segni del crocifisso, penso che tutti abbiamo gioito nel vedere che le piaghe non erano più il segno del male, il segno della potenza di satana, ma diventavano la forza della misericordia di Dio.  Questa è la forza della Comunità Cenacolo. Qui da venticinque anni c’è questo miracolo, qui la misericordia di Dio guarisce le piaghe, ma proprio quelle putride dell’umanità e noi eravamo tutti così e a volte le portiamo ancora dentro e ci fanno ancora male, perché il male per umiliarci le prende e ce le sbatte in faccia per farci strisciare per terra come lui. Ma noi abbiamo la dignità dei figli di Dio. La nostra carne povera e ferita, Dio se l’è ingoiata, se l’è messa addosso, si è fatto uno di noi, senza paura. La terra si è unita al cielo e quel cielo ora ci abita, allora nessuna paura, Dio conosce già quel nostro macigno, però ci può liberare solo se noi lo diciamo, perché ne abbiamo bisogno noi: finalmente ci alziamo e diciamo: “Che bello, non mi appartiene più, Dio lo ha già perdonato, Dio ha già pagato il riscatto!”.  Siamo in un piccolo giubileo della Comunità; sono venticinque anni di vita della Comunità: metà giubileo. Il giubileo era il tempo in cui l’abbondanza della misericordia rigenerava la giustizia; la misericordia di Dio oggi vuole fare giustizia e la giustizia di Dio non è quella degli avvocati che ci mandano in galera, oppure ci salvano qualche volta “aggiustando” più o meno la verità. La giustizia di Dio è verità del cuore che incontra l’abbraccio della misericordia.  Permettiamo a Dio di essere Padre, allora come ha detto Madre Elvira a quella ragazza: “Non aspettare troppo, quando vai e lo vedi, parti di corsa e gettati al collo”, perché se aspettiamo un attimo, di nuovo il male torna e sapete la coda del male dove ci prende? Qui, nella testa. Il dragone è descritto nell’Apocalisse come un mostro con sette teste. Quando la nostra vita pensa, pensa e ripensa, si perde nel male. Il cuore di Dio non è un cervello ma un cuore squarciato, sulla croce a Gesù in testa gli hanno messo una corona di spine, il cuore si è squarciato; quella corona di spine è il calcagno di Maria che pesta la testa al serpente, quel cuore squarciato, è la vittoria: lasciamolo vincere, lasciamolo vincere e sarà festa della vita veramente, sarà festa perché allora saremo liberati da quello che ci incatena dentro.  Nessuno lo vede e nessuno lo sa cosa portiamo in noi e guardate Dio come è buono: nessuno lo deve sapere. Il Signore non invita marito e moglie a confessarsi insieme perché sa che a volte non siamo capaci di portare il peso del peccato gli uni degli altri, ci feriamo a vicenda e poi ce lo rinfacciamo, ci facciamo ancora del male. Dio chiede verità davanti a Lui, perché Lui può prendere quel macigno e farlo diventare qualcosa di bello e di grande. Questo è anche il miracolo che avviene a casa nostra; voi genitori, quel macigno che avevate sul cuore, incontrando la misericordia è diventato esperienza di croce risorta, sono diventate piaghe da cui oggi esce la luce nuova della misericordia e quelle piaghe mostrate ad altri che le vivono ancora come una croce che schiaccia di dentro, diventano la speranza che illumina.  Noi ragazzi e ragazze perché siamo risorti? Perché ci siamo fidati di ragazzi e ragazze che erano piagati come noi e peggio di noi, abbiamo visto le loro piaghe, ma le abbiamo viste risorte e allora abbiamo creduto che è avvenuto qualcosa di bello.  Quando la verità incontra la misericordia, è festa. C’è un brano dei Salmi che dice così: “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno, la verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo”: la coscienza che viene finalmente smascherata! Che bello il mimo delle maschere, lo vedremo stasera, in cui finalmente, dopo una lotta contro il serpente che ti vorrebbe fare dire ancora di no, in quella luce finalmente il ragazzo si tira via la maschera e simbolicamente la consegna nelle mani di Madre  Elvira, nelle mani della Comunità, che è stata una luce di libertà, una luce che non ci ha più spaventati, ci ha liberati: “Niente paura”, finalmente. Questo è solo l’amore di Dio che lo può fare; quando Dio scopre una piaga, lo fa con tanta delicatezza e con tanta tenerezza perché è il momento che quella ferita se la prende lui. Quella piaga ha nomi diversi, si chiama a volte infedeltà, aborti, ferite, rabbia, situazioni vissute nell’infanzia che ci hanno ferito nell’affettività, che poi ci confondono nella nostra crescita… tutto questo ammasso di umanità ferita: “Niente paura, niente paura!”. Guardate, noi in Comunità ne abbiamo sentite di tutti i colori e ogni volta che qualche ragazzo ci versa il dolore della sua coscienza diciamo sempre: “Anch’io sono cosi!” Il peccato è l’esperienza di tutti: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma l’hanno lasciata cadere tutti, perché tutti si sono sentiti in quel momento non più accusatori di una donna adultera, peccatrice pubblica, ma fratelli nel peccato della sua miseria, ed allora se forse non l’hanno perdonata, almeno non l’hanno più giudicata, non hanno più puntato il dito perché anche loro e forse proprio loro l’avevano sporcata tante volte e allora è il momento di non puntare il dito ma di guardarci dentro e di fare come insegna la Chiesa: “Mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa”; felice colpa però, felice colpa che ti sei meritata un amore così grande! Niente paura, ci saranno dei bei “crack”, tante pietre rotoleranno. Il Signore ci resuscita dai nostri sepolcri, come ha fatto uscire Gesù risorto ieri da quella tomba, così vuole farci uscire dal sepolcro che ha avvolto la nostra vita morta quando siamo venuti in Comunità.  Ieri sera la voce di Madre Elvira ha dato l’annuncio della Risurrezione, “Non abbiate paura, perché cercate tra i morti colui che è vivo, non è qui è risorto!”. Non siamo più morti, nessuno di noi; portiamo ancora il peso della morte, ma siamo figli della vittoria, figli di una vittoria che si chiama Risurrezione. Lasciamola vincere dentro di noi, lasciamo che butti giù tutti i muri che la nostra umanità ferita ha generato nella paura, la paura che se qualcuno sapesse… E come tante paure poi diventano paranoie e ci assalgono perché il peccato ci distrugge il cuore e poi ci rosicchia il cervello.  Lasciamo andare, corriamo, come quella ragazza che correndo incontro a suo padre lo ha fatto piangere di gioia: quel giorno si è sentito di nuovo padre, perché un figlio pentito del suo peccato gli si è stretto al collo, che bello! Pensate, oggi il cielo fa una festa infinita, se si fa festa per un peccatore convertito più che per novantanove giusti… penso che questa parabola a casa nostra dovrebbe essere letta al contrario: novantanove sono le pecorelle nere e di giusti... pensate quindi che gioia diamo a Dio, in questi venticinque anni il cuore di Dio sarà stato felice perché qui si è sentito Padre: noi ci siamo sentiti poveri peccatori e abbiamo reso Dio felice di essere Padre.

Padre Stefano

Stampa questa paginaStampa questa pagina