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Introduzione Cardinale Schönborn

Omelia nella Basilica di San Pietro  |  Madre Elvira  | 


                                        Cardinale Christoph Schönborn
Relazione di apertura al primo congresso mondiale sulla Divina Misericordia


Eminenze, Eccellenze, cari partecipanti a questo primo
Congresso sulla Divina Misericordia!

“Misericordias Domini in aeternum cantabo!” “Le tue misericordie o
Signore, voglio cantare in eterno!”(Sal 89,2) Veramente possiamo lodare
oggi, in questo terzo “dies natalis” del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II,
la Misericordia del Signore. Insieme al Santo Padre, Papa Benedetto,
volgiamo in alto lo sguardo a quella finestra al terzo piano del Palazzo
Apostolico, alla finestra del Papa, e torniamo con il ricordo al 2 aprile del
2005. Era la sera che precede la “Domenica in Albis”, la vigilia della Festa
della Misericordia. Davvero tutto il mondo aveva gli occhi rivolti su a
quella finestra, sapendo che il Papa stava per morire.
La malattia del papa si era protratta già da lungo tempo. Egli non era
più in grado di celebrare di persona le funzioni della Settimana Santa. A
molti è rimasto, indelebile, il ricordo di come il Papa, la domenica di
Pasqua, apparve alla finestra per la benedizione Urbi et Orbi: voleva
indirizzare un saluto pasquale alle molte persone radunate in piazza San
Pietro e davanti ai televisori. Non poteva più parlare. Solo un gesto, muto,
di benedizione e quel volto sofferente, indimenticabile, dell’amato Papa.
Fu questo il suo ultimo saluto, la sua ultima apparizione alla finestra.
Il venerdì, primo aprile, ebbi la gioia di celebrare l’Eucaristia con
diversi Cardinali e Vescovi, nella sala dell’ultima cena, a Gerusalemme.
All’inizio della Santa Messa arrivò la notizia che il Papa era in fin di vita e
che avrebbe potuto lasciarci da un momento all’altro. Era molto
commuovente pregare per il Santo Padre e celebrare l’Eucaristia proprio
nella sala dell’ultima cena a Gerusalemme. Verso la fine della Santa Messa
arrivò la notizia che il Santo Padre stava di nuovo un po’ meglio. Il mio
primo pensiero fu: che il Signore lo prenda con sé la domenica della
Misericordia! Questa sarebbe stata, per così dire, la giusta data di morte
per Papa Giovanni Paolo II.

1.Il Servo di Dio Giovanni Paolo II - Il Papa della Misericordia
Ci ricordiamo come si svolsero poi gli avvenimenti. Penso che il
Cardinale Dziwisz sia il testimone più autorevole di quelle ore; come pure
il Cardinale Ruini, anch’egli presente. Alle otto di sera del sabato 2 aprile,
quindi, secondo l’uso liturgico, già all’inizio della domenica (la domenica
inizia infatti, liturgicamente, con i vespri del sabato sera, chiamati perciò a
a giusto titolo “i primi Vespri della domenica”), il segretario del Santo
Padre celebrò ancora una volta la Santa Messa al letto di morte del Papa.
Era già la Messa della domenica della Misericordia. Per l’ultima volta il
Santo Padre ricevette la comunione, sotto forma di alcune gocce del
Sangue prezioso di Cristo, e alle 21 e 37 tornò alla casa del Padre
misericordioso. Così il suo cammino terreno finì il giorno della “Domenica
della Misericordia”, festa che egli stesso aveva introdotto nell’anno del
giubileo del 2000. Allora, nella domenica in Albis dell’anno 2000, insieme
alla nuova denominazione di questa domenica dell’ottava di Pasqua, egli
aveva anche canonizzato Suor Maria Faustina Kowalska, la prima santa
del nuovo millennio.
È difficile, anzi impossibile, non ravvisare in questa coincidenza un
“segno del Cielo”. Non ha messo Dio stesso “la sua firma” sotto tutto un
programma di vita, che Papa Giovanni Paolo II ha ripetutamente
caratterizzato, in modo del tutto esplicito, come la sua missione? Nel
1997, a Lagiewniki, nel luogo in cui ha vissuto ed è sepolta Suor Faustina,
egli dichiarò: “Il messaggio della Divina Misericordia ha in un certo senso
formato l’immagine del mio pontificato”.
Vi invito così a considerare un po’, insieme, il cammino che Papa
Giovanni Paolo II ha percorso con questo mistero, come lo abbia
sperimentato, vissuto, ponderato e come lo abbia trasmesso a tutti noi.
In occasione della sua ultima visita in Polonia – era l’addio alla sua
patria, nel 2002 – il Papa ha consacrato la nuova basilica di Lagiewniki, il
Santuario della Divina Misericordia. Vorrei citare qualche frase da quella
predica, che per me rappresenta come una sorta di mandato per la
Chiesa, per la sua patria polacca, ma anche per tutta la Chiesa mondiale.
Era come un’intima richiesta del papa ed in fondo una richiesta di Gesù al
nostro tempo. Confesso che le parole pronunciate allora da Papa Giovanni
Paolo II rappresentano per me quasi un incarico, direi quasi, una
missione. Allora, il 17 agosto 2002 egli a Lagiewniki disse:“Quanto
bisogno della misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti,
dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della
misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra
porta il dolore e la morte degli innocenti, là è necessaria la grazia della
misericordia, per placare le menti e i cuori, e per far scaturire la pace.
Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, è necessario
l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile
valore di ogni essere umano. Abbiamo bisogno della misericordia per far sì
che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della
verità”.
Seguirono quindi queste solenni parole che davvero rappresentano una
sorta di testamento di questo grande Papa: ”Perciò oggi, in questo
Santuario, voglio solennemente affidare il mondo alla Divina Misericordia.
Lo faccio con il desiderio ardente che il messaggio dell’amore
misericordioso di Dio, qui proclamato mediante Suor Faustina, giunga a
tutti gli abitanti della terra e ne riempia i cuori di speranza. Tale
messaggio si diffonda da questo luogo nell’intera nostra amata Patria e nel
mondo. Si compia la salda promessa del Signore Gesù: da qui uscirà "la
scintilla che preparerà il mondo alla Mia ultima venuta". Dobbiamo
accendere questa scintilla della grazia di Dio e trasmettere al mondo
questo fuoco della misericordia. Nella misericordia di Dio il mondo troverà
la pace, e l’uomo la felicità! Affido questo compito a voi, carissimi Fratelli e
Sorelle. Siate testimoni della misericordia!”
Penso che queste parole del grande Papa, lasciate come un testamento
in Polonia, in occasione del suo ultimo viaggio, un giorno prima della sua
partenza, siano come una direttiva per il nostro tempo a tutta la Chiesa.
Esse sono anche, in un certo qual modo, le “madrine di battesimo” di
questo congresso. Vogliamo intendere come un mandato il suo appello:
“Siate testimoni della misericordia!”.
Poi accadde qualcosa di molto commuovente: al termine della
celebrazione eucaristica, il Santo Padre parlò, del tutto spontaneamente,
di alcuni ricordi personali. In quelle frasi si nota come il tema della Divina
Misericordia fosse profondamente ancorato nella sua vita, come fosse
proprio, in un certo senso, il fermaglio che la tiene insieme tutta. Già
all’inizio del suo difficile cammino verso il sacerdozio c’è l’incontro con il
messaggio della Divina Misericordia, ed esso fu il sigillo della sua ora di
morte. Cito quanto egli disse allora, il 17 agosto del 2002:
“Alla fine di questa solenne liturgia desidero osservare che molti dei
miei ricordi personali sono legati a questo luogo, a Lagiewniki, un
sobborgo di Cracovia. Venivo qui soprattutto durante l’occupazione nazista
quando lavoravo nel vicino stabilimento Solvay. Ancora oggi ricordo la via
che porta da Borek Falecki a Debniki. La percorrevo tutti i giorni andando
a lavorare in diversi turni, con le scarpe di legno ai piedi. Chi avrebbe
creduto che quell’uomo con gli zoccoli un giorno avrebbe consacrato la
basilica della Divina Misericordia a Lagiewniki di Cracovia? “
Nel 1942 Karol Wojtyla era entrato nel “Seminario segreto” fondato dal
Cardinale Sapieha, il coraggioso Arcivescovo di Cracovia. Un compagno di
seminario, Andreas Deskur, oggi Cardinale della Curia in sedia a rotelle,
gravemente malato, gli aveva richiamato l’attenzione sul messaggio della
Divina Misericordia di una certa suora Faustina Kowalska, nata nel 1905 e
morta, trentatreenne, nel 1938. Dunque a quel tempo egli sapeva già di
questa semplice suora, davanti al cui monastero passava ogni giorno per
andare al lavoro, al lavoro forzato nella fabbrica chimica. Già a quel tempo
egli sapeva di lei ed aveva sentito parlare dei messaggi che lei riceveva da
Gesù e che sono riportati in maniera così coinvolgente nel suo diario. Karol
Wojtyla, come Vescovo Ausiliare di Cracovia ed in seguito come
Arcivescovo e Cardinale, si prodigò molto per la beatificazione di Suor
Faustina.
Dovette superare alcune resistenze perchè il Santo Uffizio, come allora
si chiamava l’attuale Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma,
nutriva grosse riserve sugli scritti di Suor Faustina. In seguito risultò che
ciò era dovuto soprattutto a traduzioni sbagliate ed equivoche. Infine,
come Papa, Giovanni Paolo II ha potuto infine beatificare Suor Faustina
nel 1993 e canonizzarla nell’anno 2000.
Egli ha ripetutamente sottolineato come il tema della misericordia
fosse centrale nella sua vita. Ma nei messaggi di Suor Faustina, che in
fondo non dicono nulla di diverso da quanto ci dice il Vangelo, egli vide
soprattutto una risposta alle indescrivibili proporzioni assunte dal male nel
ventesimo secolo e di cui egli stesso, nella sua vita, fu testimone: gli
orrori del nazionalsocialismo, le incredibili sofferenze della popolazione
polacca durante l’occupazione nazista, e il successivo comunismo.
Volgendo lo sguardo a quegli anni di dolore, nel 1997 egli disse:
“Il messaggio della Divina Misericordia mi è stato sempre caro e vicino.
È come se la storia lo avesse iscritto nella tragica esperienza della seconda
guerra mondiale. In quegli anni difficili, esso fu un particolare sostegno e
una fonte inesauribile di speranza, non soltanto per gli abitanti di
Cracovia, ma per l’intera nazione polacca. Questa è stata anche la mia
esperienza personale che ho portato con me sulla Sede di Pietro e che, in
un certo senso, forma l’immagine del mio pontificato.”
Ora naturalmente dobbiamo porci la domanda: Papa Giovanni Paolo II
voleva promuovere con ciò una particolare forma di devozione? Voi tutti
conoscete l’immagine di Gesù Misericordioso di Lagiewniki di Cracovia, con
i raggi che si dipartono da lui, conoscete la coroncina alla Divina
Misericordia, l’ora della Misericordia. Certamente egli ha apprezzato
queste forme di devozione, ma le ha tematizzate piuttosto raramente. Egli
trovò però, nelle parole, nei messaggi che Suor Faustina ricevette da Gesù
e che trasmise in un linguaggio del tutto semplice, la risposta ai grandi
quesiti e alle sfide del nostro tempo. Papa Giovanni Paolo II ha riflettuto,
alla luce di questi messaggi, per tutta la vita, sull’inesauribile mistero della
Divina Misericordia. Questo mistero ha plasmato il suo operato di
sacerdote, di vescovo e di papa ed ha toccato, attraverso la sua persona,
un numero infinito di uomini in tutto il mondo. Egli era davvero un
“testimone” unico “della Misericordia”.
Prima di affrontare il tema della Misericordia nel suo contenuto, vorrei
premettere una breve osservazione circa le “rivelazioni private”. Che
valore hanno? In che modo esse sono “vincolanti”? Ascoltiamo cosa dice a
proposito il “Catechismo della Chiesa Cattolica”:
“Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate « private »,
alcune delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse
non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello
di « migliorare » o di « completare » la Rivelazione definitiva di Cristo, ma
di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica.
Guidato dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e
accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di
Cristo o dei suoi santi alla Chiesa” (n. 67).
Le “rivelazioni private” ricevute da Suor Faustina aiutano di certo a
vivere più pienamente la Rivelazione di Cristo “in una determinata epoca
storica”. E senza dubbio si riscontra anche, in esse, “un appello autentico
di Cristo… alla Chiesa”. Proprio oggi, nel terzo anniversario della morte del
grande Papa della Misericordia, noi che da tutte le parti della terra siamo
convenuti a questo congresso, desideriamo sforzarci insieme, di ascoltare
e di accogliere questo appello di Cristo alla Chiesa di oggi. Sia Cristo
stesso ad aiutarci a capire più profondamente il suo desiderio, così spesso
raccomandato al cuore di Santa Faustina: che tutti gli uomini conoscano la
sua Misericordia, la sperimentino e la vivano di persona.

2. La Misericordia di Dio – Il centro della fede cristiana
Mi piacerebbe considerare, insieme a voi tutti, così tante cose, in
questo breve tempo, ora che ci chiediamo quali siano, dunque, i punti più
importanti nella dottrina della Misericordia di Dio. Ma devo limitarmi
molto: parlerò prima della Misericordia di Dio nell’Antico Testamento,
rivolgerò poi lo sguardo a Gesù, la Misericordia di Dio in persona. Infine
offrirò alcune indicazioni su come poter vivere più profondamente, noi
stessi, il mistero della Misericordia.

a) La Misericordia di Dio – Il cuore dell’Antico Testamento
Esiste ancora, purtroppo, l’immagine distorta, che il Dio dell’Antico
Testamento sia un Dio adirato e il Dio del Nuovo Testamento un Dio
benevolo. In realtà la cosa è del tutto diversa. L’Antico Testamento è una
grande scuola della Misericordia di Dio. Dio si rivela a Mosè come “un Dio
misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es
34,6; cf. CCC 210). La sua ira non è come la nostra. La sua ira è solo il
rovescio del suo amore appassionato. La sua collera è l’espressione della
sua premura. Non è Lui che ha bisogno del suo popolo, ma è il suo popolo
che ha bisogno di Lui. È l’allontanarsi del suo popolo da Lui a portare
infelicità e miseria. “Perché…il mio popolo ha abbandonato me, sorgente di
acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono
l'acqua” (Ger 2,13). L’amore di Dio per il suo popolo è di una fedeltà
inimmaginabile. Ma è anche veritiero. La sua Misericordia si manifesta in
primo luogo nel fatto che essa palesa la verità. Esiste una religione nella
quale vengano messi a nudo e castigati, con una critica così inesorabile,
spietata, tutti gli errori della propria comunità? Gli errori vengono nominati
senza riguardi, ogni fallimento viene chiamato per nome. A tutti, dal re
alle persone più semplici, vengono rimproverati i loro errori – in modo
apparentemente impietoso -. Ma proprio in questo si manifesta la
misericordia di Dio. Essa non può mai esistere senza la verità. Essa può
guarire solo se formula la diagnosi in modo del tutto onesto e chiaro.
L’Antico Testamento mostra la grandiosa Misericordia di Dio per i peccati
del suo popolo. Ma i peccati non vengono né minimizzati, né banalizzati.
Cristo porterà ciò a compimento: la Sua Misericordia non è mai senza
la verità. Gli ipocriti non possono trovare pietà perché si comportano come
se non avessero bisogno di commiserazione alcuna. La misericordia può
“attecchire” solo là dove i peccati si chiamano per nome. Ma, viceversa, è
possibile fissare lo sguardo sulla propria miseria, vedere i propri peccati e
riconoscerli, solo nell’incontro con la Misericordia di Dio. Rivelare la propria
colpa di fronte a un giudice impietoso sarebbe, in un certo senso, un
suicidio. Solo di fronte all’amore di Dio che odia il peccato, ma ama il
peccatore, è possibile riconoscere e confessare il proprio peccato. Come
un bambino che ne ha fatta una delle sue, il peccatore può correre verso
Dio e gettarsi nelle sue braccia misericordiose. Solo la fiducia in Dio, in
Gesù (“Jezu, ufam tobìe”, “Gesù, confido in te”) fa sì che ci si possa
pentire dei propri peccati veramente per amore di Dio.
Si rimprovera volentieri la Bibbia e il Cristianesimo di parlare in
continuazione del peccato. È vero: la nostra liturgia parla molto del
peccato. Ma ciò non dipende anche dal fatto che noi confidiamo nella
Misericordia di Dio? Siccome noi crediamo e abbiamo fiducia nel fatto che
Dio sia infinitamente misericordioso, non abbiamo bisogno di nascondere i
peccati, di negare i nostri errori, di dichiarare continuamente la nostra
innocenza. Solo così possiamo capire perché i grandi santi si ritenessero
così grandi peccatori. Essi vedevano, alla luce della Misericordia di Dio,
quanto fossero ancora peccatori, e quanto profonda fosse la propria
miseria. Citerò in conclusione un testo sorprendente di Suor Faustina che
chiarifica la cosa.
L’Antico Testamento è davvero la grande storia d’amore di Dio con il
suo popolo, la scuola della misericordia. Ma soltanto in Gesù Cristo si
rivela l’intera misura della Misericordia di Dio. Egli è la Misericordia di Dio
“in persona”.

b) Gesù – l’”Incarnazione” della Misericordia di Dio
Gesù stesso ci fornisce la prova migliore che il Dio dell’Antico
Testamento è il Dio misericordioso. Come “formula breve” per la via alla
santità ci dice semplicemente questo: “Siate misericordiosi, come è
misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). Vivere la misericordia significa
dunque essere così perfetti “come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,
48).
Ma come è misericordioso il nostro Padre celeste? Lo sappiamo? Come
possiamo impararlo? Come ci deve entrare, per così dire, “nel sangue”,
così da conoscere spontaneamente, dall’intimo del cuore, la Misericordia di
Dio, da portarla dentro di noi ed amarla? Come possiamo, noi poveri
peccatori, riflettere la perfezione di Dio proprio nella misericordia?
Dio ci ha rivelato questa via verso la Sua perfezione. A ciò egli ha
preparato il suo popolo lungo tutto l’Antico Testamento. “Quando venne
la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). Adesso noi
possiamo vedere, in una forma umana, la Misericordia di Dio. E possiamo
apprendere, in comunione con Gesù, la Misericordia di Suo Padre. Vivendo
in comunione con Gesù possiamo diventare suoi seguaci, suoi discepoli.
Egli può mostrarci la Misericordia del Suo Cuore. Può, ancora di più,
imprimerla in noi, formarci secondo il Suo Cuore. Questa è la via nuova
che il Padre ci ha dischiuso. Come, altrimenti, potremmo conoscere la
Misericordia di Dio, se non potessimo vederla nel volto umano di Gesù?
La Misericordia di Gesù è dunque la nostra via per diventare simili a
Dio. Così dobbiamo pregare Lui di mostrarci la Sua Misericordia. Pregherò
in conclusione Santa Faustina di darci la sua parola, che ci sia qui di aiuto.
Spesso nel Vangelo vediamo Gesù preso dalla misericordia. Riporto qui
solo tre esempi: la vedova di Nain (Lc 7, 11-15). Il suo figlio unico è
morto. Lo portano fuori dalla città. Gesù incontra il corteo funebre.
Quando Gesù vide la vedova “fu preso da compassione”, letteralmente: “si
commosse fino alle viscere”. Un’altra volta è la vista e l’accorata supplica
di un lebbroso a commuovere profondamente Gesù (Cf. Mc 1,41 ss.).
Un’altra volta ancora, sono due ciechi che, con la loro miseria, suscitano la
profonda compassione di Gesù (cf. Mt 20, 34).
Che cos’è la misericordia? È una reazione spontanea, naturale, alla
miseria del prossimo? Oppure Gesù ha portato dal cielo sulla terra, con la
Sua Misericordia, un atteggiamento nuovo?
Alcuni cercano, oggi, di far passare l’eutanasia per misericordia. Non è
crudele lasciare che un malato si contorca nel dolore fino alla morte? Non
è misericordioso abbreviare la sua sofferenza?
Dà da pensare, che i promotori dell’eutanasia debbano, per così dire,
“abbellire” l’uccisione di un malato, per poterla difendere. Come cristiani
dobbiamo cercare di chiamare le cose con il loro nome, di porle alla luce
della verità. Un amico, medico, mi ha confidato come si comporta di fronte
a richieste di eutanasia. Quando vengono persone a dirgli: “Dottore,
nostra nonna soffre tanto, non potrebbe accorciarle le sofferenze, sa, con
una piccola puntura…” – Lui risponde: ” ma uccidetela voi stessi, vostra
nonna!” Con una parola è tutto chiaro: l’eutanasia è un omicidio, anche se
la si nasconde sotto il mantello della misericordia. La misericordia è un
atteggiamento fondamentale dell’uomo. Non a caso equipariamo la
mancanza di misericordia con la mancanza di umanità. Chi di fronte al
dolore, a chi patisce, com-patisce, si comporta da vero uomo. Chi si
prende gioco del dolore, si comporta in modo disumano. In questo senso
la Misericordia di Gesù ha tratti semplicemente umani. Alla scuola di Gesù
impariamo le semplici virtù dell’uomo.
Dobbiamo dunque essere misericordiosi, per essere davvero umani.
Qualcosa protesta dentro di me: io non posso però essere misericordioso
verso tutti! E poi, la misericordia non è come un “guardare dall’alto in
basso”? Non abbiamo piuttosto bisogno di giustizia che di misericordia?
Nella mia gioventù – appartengo alla cosiddetta generazione dei
sessantottini – questo era un grande tema: cambiare le strutture, non
cospargere qua e là un po’ di compassione. Era questa la tentazione del
marxismo: di dover cambiare radicalmente la società. A quel tempo si
riteneva che le singole opere di misericordia cementassero soltanto le
ingiuste strutture.
La questione è davvero assillante: Gesù ha cambiato veramente il
mondo? Perché continuano ancora ad esserci la guerra, la fame, la
sofferenza? Gesù ha eliminato la miseria solo a quel tempo? Ha aiutato
singole persone, ma ciò è servito a qualcosa? Gesù stesso fece notare, in
maniera del tutto provocante, a Nazareth, la sua patria, che già prima di
lui solo pochi venivano guariti dai profeti, e la stessa cosa avveniva con
Gesù (cf. Lc 4, 27).
Conosciamo questo dilemma: a cosa serve mai la misericordia in casi
singoli, per i molti altri che si trovano nella stessa situazione? Dobbiamo
allora rinunciare alla misericordia, visto che essa non risolve poi un gran
che? Gesù ha risposto a questa domanda con la parabola della
misericordia del buon samaritano: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a
Gerico e incappò nei briganti… “ Un dottore della legge chiese:“Chi è il mio
prossimo?" proprio a causa di questa difficoltà: che io non posso amare
tutti gli uomini! Non posso essere misericordioso con tutti! Ma non si
tratta di questo. La misericordia non è un sentimento vago di “amore
universale”. Essa è concreta. Nel racconto di Gesù un sacerdote e un
levita passano per la strada. Vedono quell’uomo mezzo morto, derubato e
passano oltre cambiando il lato della strada. Avevano forse motivi
ragionevoli per farlo: avevano, per esempio, paura di venire aggrediti essi
stessi. I briganti potevano essere ancora nelle vicinanze. Il samaritano
agisce in modo umano: è preso da profonda compassione. Fa quello che la
situazione richiede. Interrompe tutti i suoi programmi di viaggio, impegni
e appuntamenti, e si cura del ferito grave. “Chi di questi tre ti sembra sia
stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". La risposta è
inevitabile: "Chi ha avuto compassione di lui" (cf. Lc 10, 25-37).
La misericordia è concreta. Non riguarda in qualche modo un po’ tutti,
ma colui che, qui ed ora, ha bisogno del mio aiuto.
Tutti noi però abbiamo bisogno di aiuto. Tutti abbiamo bisogno di
misericordia! Si, certo! Ma lo sappiamo già? Non crediamo molto spesso di
non aver bisogno di nessun aiuto e, a maggior ragione, di nessuna
misericordia? Questa cosa mi è diventata particolarmente chiara nel mio
lavoro con le persone dipendenti, in particolar modo con gli alcolizzati.
Essi spesso ritengono di non avere bisogno di nessun aiuto: “Ce la faccio
da solo!” Ma non ce la fanno! Si ingannano e cercano di ingannare gli altri.
Credono di poterlo nascondere. Tutti sono già al corrente della loro
dipendenza, ma essi continuano a credere di farcela da soli. Come può
“far presa” qui la misericordia, se manca la comprensione della propria
miseria? Sentiremo qui, attraverso la testimonianza di Suor Elvira, cose
preziose, di come il Signore possa fare breccia nelle mura della
dipendenza.
La dipendenza è per me una similitudine per tutti noi che confidiamo
ancora troppo poco nella Misericordia di Gesù. Gesù sa di quanta
misericordia abbiamo bisogno. Noi, spesso questo non lo capiamo ancora,
o ancora troppo poco. Il messaggio di Gesù, circa la Misericordia di Suo
Padre, fu rifiutato in diversi modi. Perché? La Bibbia ha solo una risposta a
ciò: a causa della durezza di cuore. Ogni giorno cominciamo la preghiera
delle Ore della Chiesa con il Salmo 95:“Venite, applaudiamo al Signore…”
Ed ogni giorno mi tocca un verso di questo salmo: “Ascoltate oggi la sua
voce! Non indurite il cuore, come a Merìba, come nel giorno di Massa nel
deserto” (Sal 95, 8).
L’indurimento di cuore è il contrario della misericordia. Quanto
dobbiamo implorare che il nostro cuore non diventi “poròs”, indurito, di
pietra! Non deve ottundersi, diventare insensibile! Proprio questo è infatti
il peccato primario dell’uomo nei confronti di Dio, e sempre poi anche nei
confronti del prossimo.
L’ indurimento di cuore è distacco da Dio e perdita della propria umanità.
Il nostro indurimento di cuore è causa di così tanto dolore fra noi uomini.
Esso è anche la causa della morte di Gesù. È lui che lo ha portato alla
croce. È lui che lo ha crocifisso!
Solo l’amore di Dio che arriva fino alla croce può aprire una breccia nei
nostri cuori induriti. Egli ha mostrato il suo amore per noi dando la Sua
vita per i Suoi nemici. Solo questo eccesso di misericordia verso coloro
che lo uccidono, può aprire i cuori
La misericordia comincia a raggiungere la misura piena di Cristo solo
dove essa incontra la durezza di cuore. Soltanto la misericordia,
apparentemente impotente, può sciogliere i cuori impietriti. Questo ha
sperimentato il buon ladrone a destra della croce, e per questo egli è il
primo in paradiso: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" (Lc
23, 43). È questo che da allora hanno sperimentato tutti quelli che hanno
incontrato l’Amore crocifisso del Signore. Di fronte alla croce
comprendiamo che la Misericordia di Dio non è la conseguenza, bensì la
causa della nostra misericordia. Non noi abbiamo “fatto cambiare di
umore” Dio, così che Egli non è più adirato, ma misericordioso verso di
noi. È la sua Misericordia a precedere la nostra e a renderla possibile. Per
questo vogliamo, per questo possiamo, “lodare la sua Misericordia in
eterno”.
Cari fratelli e sorelle! Qui in realtà dovrebbe terminare la mia
relazione. Tuttavia devo mantenere ancora una promessa. In due punti ho
accennato a Santa Faustina, a testi del suo Diario che ho promesso di
citare. Oggi devo lasciare a lei l’ultima parola, alla grande santa della
Misericordia. Lei, la semplice suora, deve essere per noi, per i prossimi
giorni di questo congresso, una forte protettrice, e colei che ci indica il
cammino.
Il primo testo lo ha scritto il 10 ottobre 1937 (Diario n. 1318), appena
un anno prima della morte:
“O mio Gesù, in segno di riconoscenza per tante grazie, Ti offro l’anima
ed il corpo, l’intelletto e la volontà e tutti i sentimenti del mio cuore. Coi
voti mi sono data tutta a Te, non ho più nulla da poterTi offrire. Gesù mi
disse: “Figlia Mia, non Mi hai offerto quello che è effettivamente
tuo”. Mi concentrai in me stessa e mi resi conto che amavo Iddio con
tutte le forze della mia anima e, non riuscendo a conoscere che cos’era
che non avevo dato al Signore, domandai: “ Gesù, dimmelo e Te lo do
immediatamente con generosità di cuore”. Gesù mi disse con amabilità:
“Figlia, dammi la tua miseria, che è l’unica tua esclusiva
proprietà”. In quel momento un raggio di luce rischiarò la mia anima e
conobbi tutto l’abisso della mia miseria. In quello stesso istante mi strinsi
al Sacratissimo Cuore di Gesù con tanta fiducia che, anche se avessi avuto
sulla coscienza i peccati di tutti i dannati, non avrei dubitato della Divina
Misericordia, ma col cuore ridotto in polvere, mi sarei gettata nell’abisso
della Tua Misericordia. Credo, Gesù, che non mi avresti respinta da Te, ma
mi avresti assolta per mano di un Tuo rappresentante”.
“Dammi la tua miseria, che è l’unica tua esclusiva proprietà”. Tutto il
resto lo abbiamo ricevuto in dono da Dio, il corpo e l’anima, la vita e i
talenti, le grazie e le virtù. Solo la nostra miseria ci appartiene del tutto!
Che invito ad avere piena e completa fiducia! Anche e soprattutto nella
nostra miseria!
Prima di citare il secondo testo, conosciuto bene da molti di voi, devo
ancora aggiungere, velocemente, una frase che Gesù disse a Suor
Faustina e che lei annotò, lo stesso 10 ottobre del 1937:
“Alle tre del pomeriggio implora la Mia Misericordia
specialmente per i peccatori e sia pure per un breve momento
immergiti nella Mia Passione, particolarmente nel Mio abbandono
al momento della morte. È un’ora di grande Misericordia per il
mondo intero… In quell’ ora non rifiuterò nulla all’anima che Mi
prega per la Mia passione”(Diario n. 1320). Per questo, nei giorni del
congresso, vogliamo esercitarci in modo particolare anche nell’”ora della
Misericordia”!
Ed infine l’ultima parola a Suor Faustina. Si tratta della sua grande
preghiera, nella quale prega Gesù di “formarla” tutta nella Sua
Misericordia, di imprimere così profondamente nel suo cuore la Sua
Misericordia, così che essa determini, dall’intimo, tutto il suo essere. Che
questa preghiera sia un po’ il “centro del cuore” di tutto il congresso:
“Desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso
vivo di Te, o Signore. Che il più grande attributo di Dio, cioè la sua
incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio
cuore e la mia anima.
Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in
modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze
esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del prossimo e
gli sia d’aiuto.
Aiutami a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle
necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai
dolori ed ai gemiti del mio prossimo.
Aiutami, o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non
parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola
di conforto e di perdono.
Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e
piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al
prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi.
Aiutami, Signore, a far sì che i miei piedi siano misericordiosi in modo
che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e
la mia stanchezza. Il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il
prossimo.
Aiutami, Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo
che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio
cuore. Mi comporterò sinceramente anche con coloro di cui so abuseranno
della mia bontà, mentre io mi rifugerò nel Misericordiosissimo Cuore di
Gesù. Non parlerò delle mie sofferenze. Alberghi in me la tua Misericordia,
o mio Signore(…)
O Gesù mio, trasformami in Te Stesso poiché Tu puoi fare tutto.
Amen” (Diario di Santa Maria Faustina Kowalska, n. 163).

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