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Storia

Fraternità "Nostra Signora di Guadalupe" - Valle de Bravo 1999, Messico
Un incontro provvidenziale: una famiglia e alcuni amici del Messico, che dopo averci conosciuti a Medjugorje, hanno voluto portare il Cenacolo anche là. Per questo hanno cercato una casa, un terreno e ce lo hanno donato per dare vita al Cenaculo de Guadalupe …

Ricordo perfettamente quando per la prima volta, dopo anni di Comunità, ho espresso in un dialogo con suor Elvira una richiesta personale. Da tre anni vivevo in Brasile dove mi sentivo pienamente realizzato in quello che facevo, però cominciavo a sentire il peso della stanchezza fisica e la voglia di prendere un po’ di respiro, per questo gli chiesi: “Elvira, vorrei riposare un po’, non ho nessuna intenzione di uscire dalla Comunità, solo vorrei riposare un po’ e ritornare qui”. La risposta è stata “Certo, non c’è nessun problema, ma prima avrei bisogno io di un favore; stiamo aprendo la casa in Messico, perché non vai con Antonio? C’è un gruppo di ragazzi che vengono dall’Italia, però non hanno esperienza con i bambini, vi fermate due o tre mesi con loro e poi andate a riposarvi” .
Ecco che mi ritrovo dopo sei anni ancora qui, a scrivere le vicende e i ricordi di quello che è stato l’inizio di questa travagliata  missione  “Cenaculo de Guadalupe”.
Arrivammo a Valle de Bravo a notte fonda, non si vedeva praticamente niente; all’entrata della casa, ad aspettarci, c’era la statua illuminata della Vergine di Guadalupe, ed il giorno successivo la sorpresa fu grande: la bellissima casa che ci ospitava (S. Josè), era immersa nella natura, circondata da boschi di pini secolari, posto ideale per riscattare bambini che fin dall’infanzia hanno vissuto ad un incrocio o ad un semaforo di qualche grande città chiedendo l’elemosina, in modo particolare quelli che vengono da Città del Messico (2200 metri), costretti a rifugiarsi e spesso a vivere nelle fogne della città.
Premetto che la casa con i dieci ettari di terreno è stata donata dalla famiglia Burillo Azcarraga. Il sig. Emilio e sua moglie Monica avevano conosciuto suor Elvira anni prima a Medjugorje, luogo della loro conversione, e lì era nato nel loro cuore il desiderio di questo progetto. Ancora oggi ci seguono e ci aiutano, e sono gli amici speciali di questa casa.
I primi lavori furono la pulizia del parco - il posto era disabitato e l’erba molto alta - e l’organizzazione delle cose. Dopo circa una settimana arrivò una mucca di provvidenza, così suor Elvira decise di iniziare la costruzione della stalla: lei stessa con alcuni dei ragazzi iniziarono ad impastare con i piedi fango e sterco di cavallo per la costruzione dei mattoni, allo stesso modo della gente locale. Un altro gruppo si dedicò alla ristrutturazione di un’altra casetta, all’interno della proprietà, che ancora oggi è una delle case-famiglia (S. Pedro).
Nelle case non c’era acqua potabile, così ogni mattina due ragazzi dovevano camminare quasi un chilometro per andare ad una sorgente vicina a prenderla con i canestri, dove la gente del posto ci assicurava fosse buonissima. Dopo neanche due settimane tutti eravamo vittime di un’infezione intestinale, causa la contaminazione dell’acqua. Solo dopo tre anni di insistenti richieste siamo finalmente riusciti poi ad avere il dovuto allacciamento all’acqua potabile.
Dopo la partenza di suor Elvira, tutti eravamo molto entusiasti ed ansiosi per l’arrivo di qualche bambino, ma l’attesa si dilungò per quattro mesi dopo i quali arrivò Josè, il nostro primo bambino di 13 anni, accompagnato dalla madre disperata per non poterlo più controllare. Josè aveva seri problemi di epilessia e la testa e la fronte piene di cicatrici dovute alle repentine cadute per perdita di coscienza. Un ragazzo davvero difficile da aiutare; difatti, dopo neanche un mese, ci lasciò andandosene. La delusione fu grande per tutti, però è come se Gesù avesse voluto avvisarci sul tipo di bambini che ci aspettavano.
Da lì in avanti la casa cominciò a prendere vita, perché i bambini entravano uno dopo l’altro, più o meno tutti problematici, ma comunque capaci di rivoluzionare e rallegrare la vita degli zii.
In seguito nacque la necessità di costruire una falegnameria e un’officina, che sarebbero servite ad impegnare ed insegnare un lavoro ai ragazzi più grandi, e per le costruzioni di tutto quello che si sarebbe fatto in seguito.
La costruzione dei mattoni non fu più tanto arcaica: grazie alla fedele amica signora Fina, ci fu prestata una pressa idraulica che facilitò notevolmente il lavoro, cosicchè ne approfittammo per fare una grande scorta di mattoni che servirono poi anche per la costruzione di un’altra casa-famiglia (S. Antonio).
I bellissimi pini secolari si rivelarono provvidenziali: senza chiaramente abusarne troppo, fummo costretti a trasformarne qualcuno in travi per la costruzione dei tetti, visto che con le entrate che avevamo riuscivamo appena a pagare le spese della casa e a comprare il minimo di materiale per poter lavorare. I ragazzi, grandi e piccoli, lavoravano con noi, mentre si cominciava appena ad imbastire qualche corso settimanale di catechismo e di manualità, portato avanti da persone esterne.
Sicuramente il buon Dio si commosse nel vedere i nostri sforzi a volte quasi sovrumani, e soprattutto vedendo i bambini che ci aiutavano con entusiasmo a portare,a  mano, il legname verde dal bosco alla costruzione, visto che non potevamo ancora contare sull’aiuto del trattore, e premiò questo sforzo con un bellissimo regalo.
Avevamo appena iniziato a dare qualche lezione di alfabetizzazione ai più bisognosi, quando inaspettatamente arrivò una donazione da parte della Segreteria di Educazione per la costruzione di una scuola. C’era grande stupore ed emozione da parte di tutti, soprattutto dei bambini che quotidianamente mettevano questa intenzione nel Rosario. Oggi la scuola funziona regolarmente come scuola elementare (Collegio Santa Teresa del Niño Jesus). Non erano ancora terminati i lavori della scuola quando all’improvviso  un’altra sorpresa: allo stesso modo della scuola, nella nostra cappellina iniziammo a pregare per una futura cappella più grande. Una domenica si presentò qui una famiglia, mai vista prima, che dopo il consueto giro di accoglienza per conoscere la Comunità, ci propose di finanziare e costruire una nuova e bellissima cappella. Detto... fatto! La cappella c’è: bella, luminosa, spaziosa, in mezzo alla natura, e soprattutto la famiglia Lopez Guerra continua la sua amicizia fedele con noi.
Questo, a grandi linee, è ciò che è stato costruito in questi anni: sappiamo che è stato solo un mezzo di trasformazione di tanti cuori bisognosi di conoscere l’amore di Dio, iniziando da noi zii fino ai bambini più piccoli che sono qui oggi o che sono passati per questa Comunità. Di sicuro la Vergine di Guadalupe, che fin dal primo giorno ci aspettava all’entrata della casa, non solo si è preoccupata per le nostre necessità materiali, ma soprattutto della nostra guarigione e del nostro bisogno di incontrare Dio: per questo diciamo grazie anche all’amicizia preziosa e costante dei padri Carmelitani, che fin dall’inizio ci seguono spiritualmente, e del gruppo dei giovani  dei Legionari di Cristo, che spesso vengono da noi.
Oggi al “Cenaculo de Guadalupe”, oltre a nove zii/zie, tra cui due famiglie, vivono una quarantina di bambini divisi in tre case-famiglia e una quarta è in costruzione; chissà che forse qualcuno,  leggendo queste righe, non decida di donare qualche anno della sua vita al servizio dei bambini più poveri.
Vorrei ringraziare di cuore tutte le persone che in questi anni hanno collaborato con noi, anche quelle che dall’altra parte dell’oceano, si sono fidate di noi pur non conoscendoci.

(dalla rivista Risurrezione - Settembre 2004)

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